Ce la posso fare. Devo solo respirare forte. Alzarmi e fare
due passi. Guardare fuori dalla finestra il cielo. E dopo, solo dopo,
rispondere al Tweet. Che altrimenti il furore mi obnubila, il livore trascende.
Sono irascibile, ed è una lotta che ormai da anni combatto quotidianamente
uscendone spesso sconfitto.
Specie quando si parla di politica, e diritti.
Così a rovinare la mia domenica –beh daì, non siamo tragici,
a complicarla, che poi l’Inter ha pure vinto e anche l’EA7!- arriva un tweet che spiega, con piglio
da maestrina della penna rossa, che no “non negoziabile” in politica proprio no
va, che in politica conta la mediazione.
Anzi peggio, che la democrazia è fatta di compromessi e chi
non lo capisce non è democratico.
Come?
Allora vuol dire che la democrazia non ha princìpi o valori?
Perché se tutto è negoziabile, allora non esistono valori
sui quali costruire insieme.
Per ragionare insieme iniziamo a comprendere che cosa voglia
dire negoziare, che mi pare che non sia un concetto così chiaro.
Negoziare non vuol dire cercare un compromesso, tutt’altro.
Il compromesso è un errore grave. È una prova di forza. È la scelta dei deboli.
È la sconfitta della verità. Perché compromesso è una doppia concessione. Tra
due posizioni ognuna delle quali chi più chi meno, cede all’altra terreno. E si
perde tutti e due.
Eli Goldratt, il padre fondatore dell’approccio manageriale
noto come Teoria dei Vincoli (o TOC all’inglese Theory of Constraints) porta
questo esempio: ammettiamo di chiedere a due scienziati di misurare l’altezza
di un palazzo. Ad uno chiediamo di fare facendo calare un filo a piombo dal
tetto, all’altro di usare le leggi della trigonometria e delle ombre.
Il primo torna dicendo che l’altezza del palazzo è 70 metri,
il secondo dice che è 80 metri. Che cosa fa uno scienziato? Controlla le
procedure e cerca di capire chi ha sbagliato, perché il palazzo non può essere
contemporaneamente alto 70 e 80 metri. Non è la verità.
Che cosa si fa in politica, o in azienda? Diciamo 75? O 73 o
78 a seconda di chi urla di più o di chi ha più peso. È la verità? No. È un
compromesso? Sì, ma falso.
Negoziare vuol dire cercare la strada migliore per arrivare
ad un bene comune, il bene che si intende perseguire.
Questo mi aspetto dalla politica.
Ma per farlo bisogna partire da valori veri, solidi,
dimostrati. E quindi per definizione non negoziabili.
Coloro che affermano che la democrazia non può includere
valori non negoziabili negozierebbero sul dovere di non uccidere? Sul rispetto
della vita? Sulla protezione contro la schiavitù? Contro la violenza fisica?
No?
Allora vuol dire che questi sono principi non negoziabili.
Allora perché affermano che nulla deve essere escluso dalla
negoziazione? Perché in realtà quello che vogliono è distruggere coloro che
proclamano valori che a loro non piacciono. Provate a chiedere se sono disposti
a trovare una mediazione sul divorzio, a ridiscuterlo, o sull’aborto. Ti
urleranno in faccia che quelli sono diritti acquisiti che non possono essere
messi in discussione perché sarebbe oscurantismo.
Ah sì? Quindi basta trasformare valore in diritto che tutto
cambia? Il diritto esce dal tavolo negoziale. E che cosa ci resta? Le cose in
cui crediamo. La famiglia ad esempio.
E abbiamo già visto che chi avrebbe dovuto difenderla,
mettendosi a negoziare, ha già iniziato a distruggerla. A cedere.
Perché?
Perché non è più in gioco il bene comune, ma quello
personale.
Perché l’aggettivo nuovo non è petaloso, ma poltronoso.
Perché non sappiamo più raccontare il bene comune. E qui
dobbiamo tutti fare scuola, imparare da chi sta andando da tempo in giro per le
piazze a raccontare perché la famiglia sia la cellula prima della società. La
base di ogni convivenza sociale. Perché viene prima in senso logico e
cronologico.
Perché sia un valore non negoziabile.
I democratici pronti a negoziare tutto, in apparenza,
parlano di una società che si disgrega, che per mediazione accoglie tutto,
parlano di un mondo in cui gli elettori –se e quando votano- decidono cosa sia
bene e cosa male. Quindi anche il nazismo –democraticamente eletto- era nel
giusto avendo trovato al suo interno leggi frutto di compromessi politici? Secondo
questo principio sì.
La realtà ci dice che non è vero. Che i valori ci sono e
bisogna combattere per essi.
Sapete come è finito lo scambio di tweet? Confesso: ho
bloccato i democratici perché alla fine prevale il livore e non è corretto, né
per loro né per me.
Ma appena prima ero stato apostrofato come “sentinella in
piedi”: eccololà! La democrazia che loro vogliono non ammette sentinelle in
piedi, gente che sta, che testimonia che i diritti sono in realtà capricci.
Questa democrazia falsa non la vogliamo. Se tocca scendere
in campo, facciamolo.
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