C’è un profondo senso di amarezza, Di frustrazione ed
amarezza. Non tale evidentemente da superare l’euforia per ciò che è accaduto
sabato, e per aver incontrato è toccato con mano la passione di tante persone
semplici, come tutti noi siamo ovviamente, con tutti loro limiti e le loro
bellezze.
E non è neanche a causa dell’acredine, della rabbia folle si
chi si vede messo all’angolo e contrattacca con un vigore che palesa soltanto
il terrore di vedere sconfitta la propria volontà di potenza, senza rendersi
conto che questo livore, completamente paranoico e di un’aggressività senza
paragoni, invece che attirare simpatie non fa che allontanare le persone che
rimangono disgustate dall’accanimento violento e volgare con il quale si
attacca coloro che vogliono solo far presente loro punto di vista.
No.
L’amarezza nasce dal constatare che c’hanno tolto il
linguaggio, che diventa difficile anche parlare con le persone più ragionevoli,
quelle con i quali ponti si snodano senza problema, perché si parte da una base
di rispetto reciproco, d’accordo magari annacquato da una passione viscerale
che ci sta, e come se ci sta, ma mai negato, mai messo in discussione.
Diventa difficile parlare perché le parole hanno un
significato diverso, perché il punto di partenza è tragicamente separato da un
abisso che è difficile da colmare ormai, ma che dobbiamo in qualche modo
superare se vogliamo ritrovare un punto di ragionevolezza che mette insieme le
persone di buona volontà, a prescindere dalla loro fede, della loro
appartenenza politica, dalla loro filosofia.
Prendi la parola natura ad esempio. Cerchi di spiegare che
c’è una natura delle cose e ti rispondono che in natura ci sono anche le
malattie e che allora dovremmo accettarle senza cercare di combatterle, E come
ti permetti di parlare di natura se poi schiacci le zanzare.
E non capiscono che natura è un’altra cosa.
Quello di cui parli tu semmai è la biosfera, semmai è
Gea, l’unico organismo che hanno
cercato di rifilarci come essere vivente, Per il mantenimento del quale è
possibile uccidere i germi che lo mettono a repentaglio, come ad esempio gli
uomini, e seguendo questo criterio c’hanno spacciato che la sovrappopolazione
va combattuta eliminando fisicamente i nascituri.
Quelle di cui parli tu è l’oggetto di studio delle scienze
naturali, che soltanto un derivato della natura come la intendo io.
La natura è il senso della vita il senso delle cose loro
libretto di istruzioni il loro significato, la loro piena essenza.
Le leggi di natura sono dunque le regole che governano il
funzionamento delle cose, sono i loro libretto di istruzioni, quello che
conduce alla vera felicità. Se non le conosci ti fai male. È leggi di natura ad
esempio la legge di gravità, puoi fingere di essere un “fisico adulto” e quindi ignorarla perché ti sembra Italia, vecchia,
non adatta questo mondo fluido. Però ti ci scontri, anzi, per essere più
precisi e un po’ macabri, ti ci sfracelli contro.
La natura di cui parlo io e l’essenza delle cose e conoscere
questa natura è un modo per conoscere lo scopo, il funzionamento, la felicità
delle cose punto e delle persone ovviamente perché ho usato il termine cose in
senso filosofico non in senso di oggetti.
Puoi intervenire per migliorare la natura, ma prolungandola
in qualche modo, non negandola, non cambiandole disegno e di segno. Prendi una
chitarra: puoi farlo diventare elettrica, È una variazione rispetto
all’originale. Ma sempre per suonarla. Non puoi prendere una chitarra e farà
diventare una mazza, una pala, una racchetta.
Si ovvio certo che puoi, ma le stai facendo un uso distorto,
un uso profondamente sbagliato, un uso malvagio.
Questa roba qui ce l’abbiamo dentro, la capiamo, anzi meglio
live tu vogliamo: perché altrimenti ci sarebbe questo movimento di massa così
energico e diffuso contro quelli che vengono chiamati organismi geneticamente
modificati?
Per quale ragione sentiamo una certa repulsione verso la
pratica di modificare degli organismi per farne qualcosa che non erano
l’origine?
Perché percepiamo immediatamente, lo sappiamo per
esperienza, che ogni modifica, ogni manipolazione di ciò che è natura produce delle
conseguenze catastrofiche alcune delle quali possono essere immediate, altre a
lungo termine.
E ce la prendiamo con il taglio dei boschi, ci schieriamo contro
l’urbanizzazione selvaggia, contro la costruzione di abitazioni ai bordi dei
fiumi, perché contro la natura non si può nulla. Stolti che non impariamo dalle
cose che abbiamo sotto gli occhi!
Ma questo non basta, perché ci vediamo per vivere un’altra
grande contraddizione: non ci rendiamo conto che noi diventiamo ciò che
facciamo: l’azione si ripercuote sul soggetto e non solo sull’oggetto. Noi
diventiamo quello che facciamo. Se io rubo divento ladro, se io mento divento
bugiardo. E ognuno di noi sperimenta sulla propria pelle, perché è inutile
negarlo lo abbiamo sperimentato di sicuro, che più facciamo una cosa più ci
viene facile farla, e questo vale sia per le cose positive, sia per quelle
negative. Aristotele, un filosofo greco non certo un santo un filosofo
cristiano, le chiamava virtù. Ce lo siamo dimenticati. Ci siamo dimenticati che
se ci sono virtù ci sono anche vizi. Il vizio vuol dire avere l’abitudine a
fare cose negative, a crogiolarcisi dentro, ad esserne felici. A rotolarci con
un maiale nel fango.
Ci stanno rubando le parole, stanno svuotando del
significato, apprendo dalla rete che il rispetto si dà solo coloro che lo
meritano. E pensare che io, sciocco, pensavo che rispetto fosse dovuto a
chiunque per il solo fatto che si trattasse di una persona umana: fosse
implicito nella sua dignità di persona.
Perché la fiducia la do a chi se la merita, mi metto nelle
mani di chi se le merita; la stima la do a chi se la merita, dove valore alle
competenze vuoi comportamenti di una persona che se lo merita. Ma il rispetto
lo devo a tutti per natura.
Perché se dovessero meritassero le persone rispetto, a chi
toccherebbe decidere se le persone se lo meritano oppure no?
Se il rispetto si deve meritare, il razzismo trova la sua
breccia per arrivare nei cuori.
Perché coloro che dicono che rispetto uno solo devi meritare
mi stanno permettendo, e questo è paradosso caricaturale e provocatorio, Di detestare coloro che non la
pensano come me, di detestare coloro che sono di una razza diversa, di
detestare coloro che vengono da paesi diversi dal mio perché il rispetto non se
lo sono ancora meritato, perché la loro cultura la trovo aberrante, perché lo
stato di pulizia è inqualificabile, perché la loro ignoranza e abissale.
Ora il rispetto eh un attributo dovuto ad ogni persona, o
altrimenti siamo tutti in guerra l’unico gli altri e lo possiamo fare perché mi
siamo autorizzati.
A questo punto siamo arrivati a perdere le categorie di base
a perdere le categorie del significato.
Ma c’è di più, un ultimo punto su cui vorrei soffermarmi
prima di superare la vostra
pazienza: questo folle desiderio
della perfezione totale. Che si esprime nell’accusare coloro che non sono santi
e immacolati di non poter difendere delle posizioni solo perché lottano
quotidianamente per aderire ed essere degni dei propri valori.
C’è un totale incapacità capacità di comprendere che l’uomo
non è perfetto, che si sforza di vivere secondo i valori, ma che non è
automaticamente capace di farlo e lotta quotidianamente contro i propri limiti.
Poiché ormai alcuni ritengono che il comportamento fa la
legge non capiscono più lo sforzo di ricerca di adeguare la propria vita i
valori. Infatti si ritiene che
ogni cosa che io faccio sia giusta e che io affermi connessa la mia identità, per cui affermare di voler difendere la
famiglia tradizionale al contempo commettere degli errori, più o meno lievi o
più o meno gravi, viene vista come una palese incoerenza quando invece è
soltanto la fatica dell’obbedienza giornaliera ai propri valori.
Viviamo nell’assurdità in cui ognuno è libero, ma è
inchiodato alla sua libertà, e deve per forza comportarsi secondo lo schema con
il quale gli altri lo immaginano. In realtà sono libero di essere ingabbiato.
Per queste persone lo sforzo non esiste più perché
pretendono sovrapposizione totale tra pensiero e azione tra chi sono e che cosa
faccio tra cosa vorrei essere e come agisco. L’uomo è perfetto così com’è,
e questo convincimento nega la
possibilità di crescita, nega il miglioramento, nega soprattutto la debolezza
che è tipica dell’uomo.
Noi invece abbiamo ben chiaro qual è il concetto di
debolezza e come ognuno di noi commette errori, non voglio chiamarli peccati
per non farmi inscatolare nel mondo della religione, perché questo discorso vale
per la persona in se non solo per la persona credente.
Noi conosciamo la fatica della vita di tutti i giorni,
conosciamo la fatica di essere coerenti, conosciamo le infinite cadute che ci
prostrano ma non ci piegan, non ci spezzano, non ci annichiliscono, non ci tolgono la dignità.
Poiché questi altri odiano l’errore, odiano sporcarsi le
mani con le mancanze, Sono costretti a negare che si possa sbagliare e perciò
ogni cosa che fanno la traducono in legge, la traducono in un diritto. Ma ci
sono diritti che non sono nient’altro che dei capricci.
Per questo sabato eravamo in tanti. Quanti? Il numero è
irrilevante, come ha scritto un mio carissimo amico Alan Patarga, eravamo in
numero sufficiente per essere autorevoli.
E per ognuno di noi, a casa ce n’erano altri 10 che
avrebbero voluto essere lì e che sostenevano le medesime idee.
Incominciamo imparare a raccontare a tutti riappropriandoci
del senso delle parole.
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