Dicono che dipende dal fatto che discendiamo dai cacciatori,
che si sa bene devono guardare fissa la preda, avanzare in silenzio, e non
farsi distrarre. Fatto è che proprio non le vediamo le cose che non sono evidenti
e le calze nel cassetto non le troviamo se non sono al solito posto.
Per questo ecco la dimostrazione.
“Mi passi gli occhiali per favore?”
Letizia ha riaperto la porta del nido montano. Fuori nevica.
Se supera la soglia ci tocca lavare il pavimento. Sembra fatto apposta per
attirare l’acqua ed esaltarne lo sporco, come se le piastrelle stingessero
appositamente.
Franca e io siamo ancora a tavola.
Tavola. Si fa per dire.
Una penisola che nelle pubblicità svetta come l’Italia nel
Mediterraneo. Qui sembra un molo abbandonato che si sostiene stiracchiandosi
sopra una caletta calma. Piatta.
Intendiamoci:
bellissimo, quello che ci vuole. Un posto che chiami casa e che ci permette di
rilassarci e stare come in una bolla spazio temporale di serenità e
incoscienza, lontani dai dolori che incombono. Sempre. E’ la vita peraltro. Non
è un lamento, è constatazione.
La amiamo appassionatamente, comunque. La vita intendo.
Oltre a Letizia, la famiglia, e la casa si intende. Per piccina che tu sia….
Torniamo.
Mi alzo e inizio a cercare sul mobile a ripiani, l’unico che
non sia quello dell’angolo cucina.
Secche arrivano le disposizioni: “busta blu, rettangolare,
con scritta bianca Salmoiraghi-Viganò di lato”.
“Trovati!”
Glieli
porto. Riesce nella bufera di neve.
Torno
in cucina-salotto-salatv-talamonuziale. Tutto in uno.
“Visto”,
mi sorride, “basta darti indicazioni precise, e trovi tutto…. Occhiali era
troppo generico, domani eravamo ancora qui”.
In
effetti….