Le scritture quelle sacre sono come un videogame: quando
pensi di essere arrivato in fondo si spalanca un nuovo livello.
E questo lo si dovrebbe sapere, così come che ogni singolo
versetto della Bibbia parla in modo personale ad ognuno di noi e poi ce n’è uno
in particolare che ti va diretto al cuore e si installa lì e ti tormenta, per
tacer di quelli che poi si insinuano nella ragione e scavano dentro di te fino
a trovare quel senso, quella lucidità, quel colore che ti rende tutto terso,
come una mattina d’estate che il giorno prima a piovuto a dirotto e il vento ha
soffiato in un temporale da aver paura anche adesso, non solo quando eri
bambino, e il cielo è bello come quando è bello qui in Lombardia, e vedi le
montagne e tutto ti sembra felice, di quella felicità profonda che non finisce
mai.
Ecco: lo sai, ma ogni volta che ti si squaderna davanti
questa verità la guardi come un bambino sorpreso, con quello stupore che fa
saggi e candidi, perché il cuore di pietra è quello di coloro che ormai non
sanno più spalancare gli occhi e chiedere scusa al mondo.
Ora io non è che sempre riesca a schierarmi nelle fila di
coloro che guardano il mondo con gli occhi puliti, con lo sguardo alla giovane
Holden direbbe Baricco, ma spesso anzi me li vedo cisposi questi occhi, avvolti
dai miei pregiudizi e più ancora dalle mie presunzioni, di uomo che ha letto, e
anche se non è mai stato a Cuneo, il mondo anche quello dei libri un po’ l’ha
girato.
Perciò ogni tanto ci vuole una tirata d’orecchi, uno
spintone, uno schiaffetto che ti faccia svegliare e gettare via il mantello
dell’orgoglio per startene, coi pantaloncini corti –quelli del bambino che eri
non quelli del pensionato alla moda l’uomo che ah va sicuro e non si preoccupa
che l’ombra sua stagli contro un secco muro l’immagine di una maglietta mimetica
di braghette troppo corte e di un borsello- per poter rivedere la vita in
filigrana, la realtà in trasparenza come albero e foglia.
Così mi scrive su Facebook un signore che ho visto qualche
volta anche nella vita reale e mi propone di leggere un suo libro, che vuole
sapere che ne penso. Accetto con riserva, di tempo, e ci diamo appuntamento
all’uscita da Messa, come in un romanzo manzoniano. Un incrocio rapido. Secco.
Da uomini.
Poi scopri un po’ della sua vita, dalla famosa quarta di
copertina, e la prima cosa che salta agli occhi è che ha lo slancio del genio,
se si descrive come “autore inedito”, però poi l’umorismo entra nella durezza
della vita che passa dalla perdita di tre figli e dall’ultimo che è così
gravemente malato da spingerlo a chiedere preghiere.
E allora capisci: capisci da dove nasce quella saggezza che
si dispiega nelle pagine del saggio, un criterio temprato nella sofferenza che
gli ha dischiuso i sentieri della Scrittura per rivelare a chi accetti di
mettersi in gioco cosa nascondono le pieghe tra un versetto e l’altro.
Il
Vangelo di Maria si intitola e no, non è una di quelle opere pretenziose e
saccenti che ti dicono, alla Dan Brown, cose che solo gli illuminati sanno. È
piuttosto la vita vista con gli occhi di Madre, e segnata dai venti misteri del
Rosario, pregati prima che descritti, con una luce da far piangere, da
sprigionare amore.
Perché qui c’è il segno del mistico avvolto nella sapienza
di chi studia e tira fuori l’esegesi che non ti annoia, ma ti spalanca quegli
hyperlink che connettono Antico e Nuovo, come lo scriba saggio, e che disvelano
quel divino gioco che anticipa e rivela la storia di Cristo.
Leggo e piango, di gioia, di dolenza sana, quella che nasce
dal timore, e capisco. Infatti Andrea Torquato, questo il nome dell’autore ma
prima ancora del padre dei dolori, ti guida dentro la verità con pennella che
spalancano, come quella domanda secca e nuova: come faceva Elisabetta a sapere
che Maria era incinta prima ancora che quest’ultima aprisse bocca?
C’è un legame a doppio taglio tra la felicità e il dolore,
perché bisogna sempre passare dalla croce. Ma c’è così tanta luce che abbevera
il cuore e trabocca sino a colmare anche l’intelletto.
E ve lo dovevo dire per condividere le cose belle e sante
della vita.
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