Sono
un sopravvissuto: ogni tanto questo pensiero mi prende alla gola e mi strozza
dentro sensazioni che disegnano uno spettro di pensieri, spesso violenti e
sanguinosi, che non so come ordinare, né se meritano ordine alcuno.
Sì
perché questa cosa me la porto dentro da troppo tempo e devo esporla all’aria
perché evapori trascinando con sé preghiere e sofferenza.
Sono
primogenito, e sopravvissuto ad almeno due o tre fratelli che sono stati
sacrificati per me. Uccisi, soppressi, inceneriti nelle loro potenzialità da un
amore egoista che riversava tutto sul figlio unico che doveva essere elevato a
divinità del focolare e sbocciare come una fontana o uno squillo di tromba in
un cielo nudo e abbagliante.
Eccomi
qui, eccolo l’urlo della tromba, il fuoco artificiale che sfida il sole, la
striscia che pian piano svanisce, il fiore che reclina il capo e si avviluppa.
Perché
al dolore, alla privazione di fratelli che mi avrebbero regalato profondità e
coraggio, s’assomma il terrore: se non fossi stato io il primo?
Così
quando il mondo sembra implodere imprigionandoti dentro una lattina spremuta,
in quei momenti –perché ci sono, oh sì se ci sono, anche solo in nuce mentre
lotti- in cui tutto è acciaio, ghiaccio, coltello, vetro spezzato, sangue e
sofferenza, soprattutto cieca disperazione, in quei momenti ti chiedi per quale
ragione proprio io, di quei rivoli usciti dalle radice, proprio io sono stato
ammesso a scorrere, a rotolare a valle del mondo.
Ed
è un dolore che s’asciuga e si risolve solo in uno slancio di preghiera senza
controllo, nuda, secca, che saprà poi ben coprirla, darle senso e indirizzarla
quella Madre che sa leggere dentro in cuori.
Nulla da dire,se non che ognuno di noi porta a volte fardelli troppo pesanti per le proprie spalle ed è bene metterli nelle mani di un Altro,come tu del resto già fai.
RispondiEliminaDa oggi sei nelle mie preghiere e i quelle dei miei bimbi.
Velenia
Grazie Velenia!
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