C’è
una solitudine da fare paura in giro: spinge la gente a credersi il centro del
mondo. Generando un gorgo che si spalanca ed ingigantisce sempre più: perché l'affermazione di sé produce buio, un'oscurità che nega e cancella.
Ma è nato prima l’uovo o la gallina?
Ma è nato prima l’uovo o la gallina?
Mi spiego meglio: noto un crescente bisogno di sentirsi importanti per qualcuno, avere qualcuno insomma che si prenda cura di te, ti ascolti, ti dedichi tempo. Una solitudine acida e implosa che ha radici nella negazione di una verità che ci sovrasti.
E
siccome non riusciamo a farlo nella vita, riversiamo questo bisogno sulla rete,
dove possiamo sperare di trovare un abbraccio che ci faccia almeno sognare.
Ne deriva una viziata sovralimentazione di aspettative che, se alimentata da un ego distorto e ripiegato, alla fine fa presupporre che ogni commento, ogni battuta, ogni tweet o post che sia, siano indirizzati personalmente a te, in qualche modo ti parlino e che tutti, specie la persona che hai preso di mira, siano lì ad ascoltare, a curarsi di te, a riferissi a te.
È
una patologia, ben nota in psichiatria, una sorta di stalking al contrario. Noto che ora sta dilagando con effetti inquietanti.
Certo: ne siamo tutti un po’ affetti… primero yo! che cerco sempre il colpo a effetto, l’applauso, lo squillo.
Certo: ne siamo tutti un po’ affetti… primero yo! che cerco sempre il colpo a effetto, l’applauso, lo squillo.
Ecco, mi chiedo se questo narcisismo disperato, nelle sue tendenze più ampie –che non va confuso con quella confidenza che, seppur distante, può nascere in rete con reciproco sostegno senza influenze sulla vita reale ma che rassicura e aiuta e produce frutti positivi e duraturi- non nasca e riproduca un comportamento schizoide della vita vera, di persona con nome e cognome, non via nickname.
Che certi atteggiamenti, quella voglia di risucchiare le persone nel proprio mondo affamati di un affetto che non sazia mai, e che si inquina sempre per questa insanabile ferita, non sia proprio la causa della solitudine che poi si cerca di riempire in rete.
Conoscevo bene, molto bene, una persona che era affetta da questo verme solitario della relazione: mai contenta, si proclamava sensibile solo per nascondere, dietro un apparente attenzione per gli altri, una divorante necessità di dilatare il proprio ego e dominare il mondo. E questo la confinava in una solitudine sempre più ampia e ruvida dalla quale cercava di divincolarsi comperando affetto da chiunque le passava a tiro. Con effetti devastanti per lei e per chi le stava vicino.
Per poi finire, come per una mano pietosa del destino, a spegnersi proprio accanto a coloro che aveva respinto come insufficienti e sottrattori del suo bene più prezioso.
Così
vedo attecchire questo egoismo rancoroso, che tutto riferisce a sé e tutto
divora, come un buco nero, che sottrae luce mentre vorrebbe emanarne. E se
anche solo ti sfiorano, ti lasciano come una striatura bruciata sulla pelle, e
un dolore che ti costringe a riflettere sulle tue colpe, perché ne ho eccome se
ne ho.
Ah, quella persona? Quella che conoscevo bene?
La
chiamavo mamma.
Un commento di Raffaella Cagnazzo giornalista
Un commento di Raffaella Cagnazzo giornalista
Io non vedo la solitudine come una vera e propria malattia (o almeno non per tutti così grave come la descrivi tu) più che altro un malessere.
Non è narcisismo, secondo me... non è arroganza, ma umiltà e incertezza E non credo nemmeno sia patologica al livello di "comprarsi l'affetto" e diventare egoismo.
Vedo invece il problema della società odierna come una mancanza di tempi e modi per confrontarsi e condividere.....
Ed uno di Barbara Puccio
Talvolta la solitudine ha la capacità di deviare mentalmente e di accrescere smisuratamente il proprio ego, proprio perché si è soli e si tende ad accentrare tutto su di sé, a scapito di una sana relazione e confronto. E uno dei segnali più forti è il narcisismo ad oltranza, senza rispetto per gli altri
Noto sempre di più, e non solo in rete, che la capacità di sostenere una conversazione strutturata con pensieri e argomenti approfonditi vada scemando sempre di più.
Questo perché, secondo il mio modesto parere, discutiamo con noi stessi e non con gli altri.
Le affermazioni o i pensieri che si pubblicano in rete (specialmente in Facebook) sono un libero sfogo della nostra coscienza e non ci curiamo molto degli effetti che possono produrre in altri.
Sai che cosa succede sempre di più? Abbiamo dimenticato di ascoltarci. E quindi la propensione ad ascoltare gli altri.
Un sano confronto prevede un feedback basato sull'ascolto. Di sé e degli altri. Quindi essere ricettivi, ascoltare i pareri senza interrompere, seguire un flusso logico , ma anche intuitivo del discorso o della conversazione che portiamo avanti.
Stare in fase di ascolto e di accoglienza aiuta noi stessi e gli altri a non sentirci al centro del mondo o, peggio, sempre al centro dell'attenzione di ogni nostro interlocutore.
Essere e divenire ottimi ascoltatori presuppone anche l'abilità di trasformarci in esploratori di mondi possibili, accogliendo volentieri i i paradossi del pensiero e della comunicazione.
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