Arrivano
a ondate: concentriche e violente. Non capisco bene. Mentre meno te le aspetti.
Salgono su e t’arrivano subito al cervello. Passando dal corpo. Sempre le
stesse. Nel medesimo ordine. Che sembrerebbe facile dominarle.
Ma
da solo è difficile.
Prima
la sensualità, che le immagini te le spara con voluttuosa velocità,
un’arroganza lieve, quasi decadente, avvolta di delicata indulgenza: ma sì che
non c’è nulla di male! Lasciati andare, comincia a pensare e poi, chissà mai,
arriverà l’occasione: la battura, la parola lasciata scivolare… E tenere le
redini diventa eroico.
Ci
vuole cercare con lo sguardo la Madonna per chiedere aiuto, e preghiere, e
suppliche e allora il cuore un po’ s’acquieta e domina e rigetta.
Allora
arriva la rabbia, il rancore: sempre le stesse facce, quelli che t’hanno
fregato, tradito, truffato e tutti e tre insieme, insultato e deriso e allora
la mano si alza, si arma e ti vedi già lì non a colpire, ma ad esercitare
giustizia e questa è la tentazione peggiore, fingere a te stesso.
E
quando, con l’aiuto di Lei, resisti e superi allora ecco la tentazione finale:
ma come sono stato bravo, eh sì, io sì, io che sono bravo, io che merito… come
diceva quel diavolo di un avvocato con la faccia dl Al Pacino: la vanità è il
mio peccato preferito.
Arrivano
ad ondate, sempre uguali, sempre le stesse, con sconcertante monotonia, il che
dovrebbe renderle più semplici da affrontare, queste tempeste dell’anima, che
sembrano sempre più violente, che non abbiamo ancora resistito fino al sangue,
e hanno sempre la medesima faccia.
Arrivano
ad ondate alte come tsunami. Per questo per sopravvivere devo salire sulla
barca. Di Pietro.
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