Due
sono fondamenta dei miei studi: il liceo classico e la laurea in chimica
industriale.
Il
che vuol dire che sono stato abituato ad osservare e a ragionare, del resto
“Osserva, sperimenta e impara” era anche il titolo del testo di scienze delle
mie scuole medie.
Ora
questo imprinting scolastico, associato a una serie di talenti ricevuti e dei
quali dovrò rendere conto –e per non seppellirli nella sabbia li squaderno
anche qui su LaCroce-, hanno prodotto in me una maniacale passione per cercare
di svelare i meccanismi, estrarre il filo conduttore.
Dicono
che sia attitudine tipicamente maschile, perché le donne sono più attente al
presente, all’individuo, alla concretezza di un affetto speso hic et nunc, e
quindi non è che fanno fatica a leggere in trasparenza il minimo comune
denominatore: è che proprio non gliene importa nulla.
Invece
a me sì, e non per disdegno con la persona che ho di fronte, ma proprio per
l’opposto, perché solo capendo il disegno e la causa prima posso applicare una
soluzione.
E
faccio fatica, un fatica bestiale, perché invece oggi tutto sembra schiacciato
sull’esperienza personale, non però nel senso della cura, ma in quello
dell’egoismo. La mia vita diventa uno schermo che filtra tutto e tutto colora,
e siccome ormai abbiamo espulso dalla vita la coscienza e con essa la
percezione dell’errore –ma sì chiamiamolo come è giusto: del peccato!- tutto
viene giudicato e condannato in funzione di ciò che nella mia vita è capitato.
Ho
assistito ad una discussione in cui ci si stava avvolgendo attorno
all’influenza dei genitori sui figli: se la partenza era la medesima che m’ha
spinto a scrivere “La bella e il pirla” la scorsa settimana, lo
svolgimento era curioso. Da un lato una accanita difesa de “i figli fanno la
loro strada a prescindere dall’educazione ricevuta” dall’altra una timida
replica: “certo, ma l’educazione conta”.
Poi
si scopre che chi sosteneva la prima versione soffre perché uno dei suoi figli
ha preso una pessima strada.
Ora
questo dolore non deve produrre come conseguenza la convinzione che
l’educazione è inutile perché poi i figli fanno quello che pare loro. La vita e
gli studi dicono il contrario. Dicono che se non fai nulla per educare i figli
questi quasi sicuramente ne verranno distrutti, se invece fai tutto quello che
è umanamente possibile, in buona fede, per educarli non hai mai la certezza che
ne escano fuori incorruttibili, inattaccabili dalle cattiverie del mondo.
La
mia esperienza non può diventare metro di giudizio.
Torniamo
quindi al fattore comune, alla causa prima, al fattore ricorrente che sta
dentro le cose e le marchia, in quanto filo intessuto in esse dalla fonte, e
cerchiamo di prenderlo in mano questo filo.
È
rosso sangue e mi dice, urlando in una cacofonia sussurrata, che dove trovi
odio, di sicuro non c’è una verità, ma un falso mito, una ideologia distorta.
Perché la verità ti squilla in faccia che non c’è altra strada che l’amore: “ubi odium et sceleris, ibi fabula”.
Sono
false religioni, o credenze, o filosofie, o stili di vita, quelli che per
affermare un bene invitano ad odiare: basta che ti giri e le trovi. Prendi la
tizia che in nome dell’animalismo spara su fFacebook che il terremoto in Nepal
è il castigo di Dio per le sedicenti uccisioni di animali perpetrate a favore
di una non ben precisata dea (massacro che tra l’altro pare solo una grossa
bufala). Prendi il grillino che suggerisce l’eutanasia della figlia malata alla
madre, la quale difende la sperimentazione sugli animali dei farmaci. Prendi la
vegana che alla stessa donna rimprovera di non averla abortita la figlia malata
o peggio di averla ridotta così per averla nutrita con carne. Prendi i black
bloc che per affermare distruggono ciò che incontrano. O i NoTav, o i NoG8 e
tutti i vari No che trovi. Prendi quelli che aggrediscono le sentinelle o che
si divertono pubblicando foto blasfeme per demolire ciò in cui altri credono.
Prendi quelli che il Papa sbaglia quando mostra misericordia e che dovrebbe
ospitare lui tutti quelli che dice di accogliere.
Prendi
le ideologie che per farsi belle hanno bisogno di odiare qualcuno, come hanno
fatto nel secolo degli olocausti nazismo e comunismo.
E
non vale dire che anche il cattolicesimo. No, semmai alcuni cattolici di testa
loro.
Beh
allora anche alcuni vegani, alcuni animalisti, alcuni NoTav…
Eh
no, perché lì sta dentro il loro credo, non c’è qualcuno che si alza e ricco di
una autorevolezza che non ha bisogno di conferme, spiega che non è così, che
ciò che il Signore ha raccomandato è di amare tutti, non solo una parte.
Perché
questo è il punto su cui tutto si infrange, il cambio di colore della cartina
al tornasole (e lo vedi che sono chimico?), il segnale che fa scattare
l’allarme: che se dividi il mondo in “noi” e “loro” e loro devono essere odiati
se non si convertono –se possono farlo, perché in alcuni casi non è previsto-,
allora sei dentro una ideologia, un falso mito di progresso.
Perché
o ami tutti o nessuno: a quel punto è solo una questione di confini, di dove
scrivi il cerchio sulla polvere, ed è una faccenda di gusto, di interesse.
Hai
sporcato il bianco con una macchia, è la mosca che distrugge il lavoro del
profumiere, è la crepa che si espande e manda tutto in briciole.
O
ami chiunque, perché al di là dei suoi errori c’è una radice comune in Dio
Padre, ed è lui che si fa garante per ogni persona; oppure se inizi ad odiare,
a disegnare un nemico, hai solo iniziato a precipitare verso la violenza senza
fine.
Quando
la solidarietà, il mutuo aiuto è contro qualcuno non è amore, è consorteria, è
massoneria. Questa presunta carità “ contro”è falsa, è egoismo di categoria,
non è apertura. L’amore vero è senza nemici, se ho bisogno di costruirmi dei
nemici è perché non è vero amore. L’amore è diffusivo, è per tutti (o per
nessuno): quello è solo un modo per mascherare in modo diabolico –ricordati:
dia-ballein, da cui diavolo deriva,
vuol dire dividere!- un egoismo che cerca complicità nel numero.
Noi
invece siamo senza nemici, ci dice il Signore, ed è condizione durissima perché
la nostra fragilità ha bisogno di appoggiarsi ad un muro e tra Dio, che a volte
sembra così lontano e diafano, e il nemico, solida roccia vicina e ben marcata,
la nostra debolezza ci fa scegliere l’odio, grazie anche all’alito fetido del
demonio, come bene racconta il nostro Berlicche.
Ma
noi sappiamo che è errore, peccato, distonia, stonatura nel canto.
Dove
invece l’imposizione del nemico è prerequisito, sostegno, verità fondante,
allora lì sappiamo che non c’è realtà, non c’è verità, c’è solo una delirante
ideologia, c’è solo un falso mito di progresso che si traveste da bene per
meglio demolire l’uomo inquinandolo di livore, rabbia, acredine che come cancro
divora da dentro.
Dove
c’è odio non può esserci la verità. #sallo. Adesso guarda con questo schermo
ciò che ti circonda e capisci dove portare il tuo cuore.
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