È capitato di ospitare un sacerdote da noi per qualche
giorno.
Lui ne parla
qui su una pagina decisamente di alto profilo e pubblico e spalanca un
mondo che va visitato.
Fidatevi: andate a leggerlo. Ma poi tornate eh!
Perché alla fine don Fabio ha proprio ragione: riceve più che ospita
di chi trova alloggio gratis. Che poi nel suo caso non è stato affatto gratis
perché gli abbiamo chiesto la merce più cara che avesse: preghiere e sante
messe….
Ma la faccenda è un’altra: questa storia della casa aperta
che ti schiude la mente perché disserra il cuore. Eh già belle parole, ma che
cosa vogliono dire una volta strappate dai bigliettini dei baci perugina?
Beh intanto che nell’ospitare un sacerdote c’hai proprio dei
bei vantaggi, dato che come minimo ti attiri un bel po’ di preghiere e
benedizioni, non fosse che per il breviario che gli tocca recitare mentre sta
tra i tuoi muri. Qualche cosa resterà pure no?
Ma poi, battute a parte –che sarò anche ironico, ma ci credo
eccome, sta nel vangelo nella missione degli apostoli mandati a portare la
benedizione nelle case di chi li ospiterà- c’è quella necessità di cambiare le
tue abitudini, anche poco, ma quel tanto che basta a disassarti e farti vedere
il mondo da un’osservatorio diverso. E serve, per demolire l’abitudine. Che fa
più morti che prigionieri.
E poi casa aperta vuol dire renderla accogliente per tutti,
essere pronti a deporre ciò che stai facendo per dare anche se per poco
ascolto: e nel farlo due sono i vantaggi che te ne vengono, se sai uscire dalle
grinfie dell’occupazione. La prima è che riconosci che c’è qualche cosa che ti
sta sempre sopra, che è più grande di te, che se vuoi puoi chiamare la dignità
umana. La seconda è che ti ricordi di quanto sia importante ascoltare, che vuol
dire fare silenzio per sintonizzarti su qualcuno che può raccontare ciò che
vuol mettere in comune.
E questo non è mica una cosa da poco.
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