Più
viaggi più scopri che il viaggio in fin dei conti è un pretesto per andare alla
scoperta di te stesso. Che viaggiare non fa che rivelare cose di te, dei tuoi
ricordi. Ed ogni città nuova potrà anche essere una città per cantare, ma è
soprattutto una città per ricordare e confrontare. Perché siamo fatti così noi
uomini: paragoniamo, connettiamo, cerchiamo legami. E sono tutti con l’anima.
Me
ne sono reso conto con solare evidenza in quest’ultima vacanza trascorsa con
Franca a Buenos Aires. E già con questo affermo che non c’è vero viaggio se non
con lei, che quando mi capita di girare da solo per lavoro, comunque lei me la
porto dietro e me la tengo vicino (nel cuore dire se non fossi banale e baciopreuginoso... ma esistono altre parole per dirlo? Non le conosco) perché non posso pensare di non condividere
con lei anche questo della vita. Che tutto il resto è insieme. Grazie a Dio.
Passeggiavamo
per i quartieri, o li percorrevamo in bici o ancora li attraversavamo in taxi e
affioravano spezzoni di città già viste, e più forti ancora le memorie, che
come madeleines proustiane, riconducevano indietro nel tempo in un viaggio che
si spalma nell’anima. Questo ricorda Soho e Tribeca e Nolita e quella parte
calma e intima di Manhattan che placa i sogni e li rilancia, ma dolci e
insieme. Questa i quartieri duri di Tel Aviv e quelli di Shangai dove la gente
sopravvive lottando con rabbia e dolore. E forse il dolore era mio e non loro
così come la rabbia. Che noi proiettiamo su ciò che viviamo e vediamo quello che abbiamo dentro e intorno e così i colori si accendono o spengono con il cuore e non con il sole.
Non
è certo il posto dove vorresti viverci senza più fuggire Buenos Aires: non è la GrandeMela, ma neanche Frisco o Aruba che da lì sì non ti muoveresti mai. Come da Milano, che ci sei nato e che comunque t'è rimasta dentro, che ogni angolo ormai è un libro di storia personale e qui rivedi tua madre, e là la tua adolescenza. Perché ogni storia ti entra dentro ma ha bisogno di un palcoscenico e di un ambiente dove squadernarsi.
Ma BAires è una città che ha fascino e lo dispensa senza avarizia. Stavamo a Palermo, un barrio in rinascita, dove torri eleganti e pretenziose si alternano, ma divorandole, a casette cadenti e quasi fatiscenti ma piene di dignità e orgoglio. Un quartiere dove ti senti di casa, che restituisce una dimensione da anni Sessanta quando l’estate la sera si giocava per le strade e il massimo della trasgressione era andare a sedersi al chiosco di angurie per magiarne una fetta in compagnia. Gli angoli si accendono di ristoranti o negozietti che vendono generi alimentari, e la gente non fa paura.
Ma BAires è una città che ha fascino e lo dispensa senza avarizia. Stavamo a Palermo, un barrio in rinascita, dove torri eleganti e pretenziose si alternano, ma divorandole, a casette cadenti e quasi fatiscenti ma piene di dignità e orgoglio. Un quartiere dove ti senti di casa, che restituisce una dimensione da anni Sessanta quando l’estate la sera si giocava per le strade e il massimo della trasgressione era andare a sedersi al chiosco di angurie per magiarne una fetta in compagnia. Gli angoli si accendono di ristoranti o negozietti che vendono generi alimentari, e la gente non fa paura.
Sembra
rinchiuso questo barrio -che qui chiamano Soho per sognare di essere nell’altra
America- tra quattro strade che ne tagliano i confini con violenza, secche come frontiere, come il Checkpoint Charlie che nega un mondo per dettarne uno completamente diverso con un solo tratto di penna sull'atlante e di sangue sull'asfalto. A est,
verso quel mare -che in realtà è fiume- che la città non mostra mai, come se lo
rifiutasse, Palermo sfocia in piazza Italia e nei parchi ambiziosi che hanno
accolto la mia corsa mattutina. E che amarezza nel correre fresco e presuntuoso
e incrociare i visi sfatti e forse fatti di ragazzi che chiudevano la notte,
una gabbia nella quale si erano dati via, regalati a chissà chi e che cosa, e
che ora barcollando gli uni, baldanzosi gli altri, fuggivano per rientrare
nella vita o nei suoi brandelli che portavano ancora addosso.
Sta
nei suoi viali Buenos Aires, che percorreremo la prossima volta, in settimana. Come si dice... stay tuned fino a martedì!
Sono colpita dal vedere che ancora qualcuno scrive cosi`.Ho letto tanto nella mia vita.Ultimamente mi avevano convinta che un certo lirismo,buon compagno di espressioni che nascono nel cuore prima di raggiungere la punta di un pennino...non esistono piu`...il che mi rattristava . Suvvia, riprendiamo coraggio; chi ama esprimersi bilanciando melodia e armonia, c`e. Alla fine il bello vince, per far gioire chi scrive e chi legge!
RispondiEliminaGrazie del bel commento, a me piace scrivere così, per dare senso alle cose. Non credo nella scrittura asciutta e da cronaca. Non qui. Grazie e buona domenica.
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