E
poi attraversarla in bicicletta… piena di piste ciclabili e di servizi per i
ciclisti, come il deposito custodito a vista da un arcigno e gentile poliziotto
che ti chiede il passaporto per depositare e riprendere la bici dandoti quella
sicurezza che altrove la città sembra volerti negare.
Vedi
i quartieri che si sfarinano e mutano: la Recoleta che si vuole quello della
borghesia e che sembra certe zone bene di Roma e Milano, con case sobrie e
borghesi, molto anni Sessanta e piccoli parchi ordinati e abitati da gente per
bene, quelli che la mamma ti avrebbe indicato a dito per dirti ecco così devi
essere.
Poi
piombi in zone in cui l’olezzo costringe ad accelerare la pedalata perché non
lo riesci proprio a tollerare quell’odore marcio, dolciastro.
I
giardini e i mercati e il cimitero in collina dove c’è la coda per vedere la
tomba di Evita, segno di un’epoca così bella che no, non doveva morire e poi
così giovane. Che ci ha tolto la speranza. E ancora oggi facciamo fatica a
ritrovarla.
E
infine l’acqua, che di fiume o mare non si può parlare dato che sono canali e
bacini, che separano Puerto Madeiro da San Telmo, il quartiere che più vecchio
non si può e più ricco di sogni forse già infranti.
I
viali assolati e spaziosi del porto trasudano ricchezza e gioia, magari fasulla
ma coinvolgente. Senti il tango
che ti fa ballare e lo vedi negli occhi dei giovani che senza paura per il
futuro spingono carrozzine a manciate e camminano contornati da bambini piccoli
sorridenti, e hanno l’età che qui stanno decidendo ancora se fare il master o
no e al massimo su Facebook scrivono impegnati.
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