Quando i cinquant’anni sono stati raggiunti e superati con la velocità del suono di una sirena arrabbiata, tre sono le possibilità che rimangono all’uomo che non vuole rimanere ad attendere l’impatto indifeso e inconsapevole: farsi l’amante, farsi una macchina rossa, scrivere un blog. Dato che mi state leggendo (davvero? Mi state davvero leggendo?) avete compreso che ho scartato le prime due ipotesi. E per scelta volontaria e creduta, non certo forzata.

Ma che cosa e perché scrivere? Condividere, o l’illusione di farlo, aiuta spesso a sentirsi in compagnia di fronte alla piccole battaglie della vita: quelle grandi, si sa, le si può affrontare solo in compagnia di se stessi, senza nessuno scudiero o cavaliere al proprio fianco.

La prima delle sfide e quella che affettuosamente potremmo definire di san Giuseppe, che di fatto nomino mio speciale e personale protettore confidando sulla sua ironia e bonomia. In che cosa consiste questa sindrome? Nel sentirsi ovviamente il più imperfetto della famiglia dovendone invece apparire la guida salda. Non che con questo voglia affidarmi a una melliflua umiltà fasulla, l’autocompiacimento di sentirsi negare la denigrazione e gustare così una vanitosa ricompensa per la propria maliziosa modestia. Affatto. Lauto compiacimento può derivare solo dalla concretezza. Non che non sia vanitoso, tutt’altro: la vanità è sempre in agguato, come ben sa il diavolo impersonato da Al Pacino nel mondo degli avvocati.
Gli è che essendo proprio vanitoso e anche intelligente, so bene che l’ambizioso deve attingere a piene mani all’umiltà: per crescere, ambizione che può essere anche nobile e saggia, bisogna capire dove migliorare. E per capirlo non c’è che l’umiltà.
L’ambizioso vanesio e superbo farà una brutta e rapida fine.

Quindi qui sto: con una moglie tendente alla perfezione, pur con difetti marginali che provocano in me tanto irritazioni quanto ammirazione per la loro trascurabile banalità; con tre figli che, come recitano brutti film, hanno preso maggiormente da me i difetti, e quindi non posso accusarli di una eredità che ho trasmesso loro; con un lavoro che amo e che ogni mese mi sfida sempre di più, aiutandomi a non fare mai mia la sicurezza.
Di che scrivere dunque?

Della precarietà, della inadeguatezza che mi rende comico a me stesso, specchio delle cose che ho appreso e che rivedo, con squarciante veridicità, nel mio quotidiano.

venerdì 19 aprile 2013

La torta della responsabilità


Ci piace viaggiare, ci piace mangiare. E sebbene siamo italiani ci siamo trovati sempre bene in tutto il mondo. Beh tranne che in Olanda, spiace dirlo, ma lì proprio c’è sembrato di dover sopravvivere depredando la colazione per resistere al cibo dei pranzi. Ma forse siamo stati mal consigliati. 
Ma viaggiare e mangiare sono due cose che possono condurre ad altro perché ricordando i ristoranti che proprio non potevamo dimenticare e che quasi quasi valgono un nuovo viaggio c’è venuto spontaneo collegarli a qualche cosa di più, alla loro storia, alla nostra storia e allora il cibo diventava immagine di altro, di vissuti che si incastravano come in Touch o in Crash, per gettare luce sul futuro e sulla propria intimità.
Per cui vorrei descrivere alcuni di questi luoghi, dell’anima e della gastronomia, per condividere racconti che meritano di essere ascoltati.
E il primo narra di Pie in the Sky ossia della responsabilità personale.
Immaginatevi di percorrere un lungo sentieri alberato, che corre parallelo al mare, lungo la parte cicciona della virgola di  Cape Codd, appena sotto Boston. E di sbucare fuori all’improvviso in un piccolo porto, ma grande perché da lì partono i traghetti per Marta’s Vineyard e quelle ville dove si scrive la storia della nobiltà statunitense, tra trini e vaporosi the all’inglese. E di sedervi stanchi sopra le panche legnose di un baretto che sembra sbucato fuori da una storie di pirati. Pie in the sky si chiama. Quattro cose da mangiare, ma la torta di pane imbevuta di rhum è da paradiso, al punto che gli abbiamo chiesto la ricetta per email e  ce l’hanno anche mandata. Loro. Perché a gestore questo posto sono una manciata di ragazzi che il più grande avrà vent’anni e il più piccolo quindici. Fanno tutto loro: cucinano, servono, puliscono, lavano, sorridono, accolgono, raccontano storie.
Con grande responsabilità. Quando da noi a quell’età lì le mamme li portano ancora in macchina dove devono andar perché povera stella non sia mai che faccia un po’ di fatica che poi si sciupa.
E questi sgobbano, e senza lamentarsi, anzi con l’orgoglio di essere lì a costruirsi la vita. Ditemi se non è senso di responsabilità!

2 commenti:

  1. Anche a me piace molto osservare dove sono i ristoranti dove mangio quando viaggio, ma non solo quando viaggio. Mi piace parlare con il gestore e con i camerieri e di solito vengo rapita dalle loro storie. Mi piace sì mangiare bene ma mi interessa altro.
    Hai ragione nel dire che in giro per il mondo trovi bimbi e adolescenti che sono molto autonomi e si danno da fare presto. Mi viene da farti un paragone che non c'entra nulla con la ristorazione ma con l'argomento.
    Vicino casa mia hanno aperto un parrucchiere e a gestirlo sono come ormai una grande quantità di attività, i cinesi. Una volta ho provato a farmi fare solo una piega attirata dal prezzo di 10 euro quando la mia solita mi chiede 14-16 euro e desiderosa di conoscere il loro modo di lavorare. Beh il negozio è gestito da una coppia di ragazzini lei di 22 e lui di 20 anni e sono bravissimi. Sono qui in Italia da soli e hanno fatto corsi su corsi, sanno benissimo l'italiano, sono dei gran simpaticoni e lavorano bene. Pensa te se un ragazzo così giovane italiano gestirebbe mai un negozio all'estero, i nostri se sono un pò indipendenti vanno a fare i camerieri o le ragazze alla pari o a studiare..o no???
    Ho lanciato un'iniziativa nel mio blog..immagino che tu da uomo non sei adatto a partecipare ma se vuoi comprare qualcosa per partecipare o farti fare qualcosa da qualcuno saprò che proviene da te.
    Buona serata
    Francesca

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  2. grazie vengo a trovarti e vedo come posso fare... grazie di questo bel commento!

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