Confesso: quando ho visto il cartello Brea ho pensato di
trovare la locanda del Puledro Impennato, quella dove Frodo conosce Granpasso
che poi è Aragorn. E dove incontra Omorzo Cactaceo, prototipo di tutti gli
osti.
E qui devo elevare un peana agli osti incontrati, perché
sono i punti fermi del cammino, ti vedono passare e per fortuna non fai come
quelli del portiere di notte, che vanno via senza chiedere niente, senza
salutare, senza dare il tempo di chiamarli. Qui ti fermi e ti affidi a loro. E
sono una oasi nella bufera.
Perché anche il loro è un camminare, ma nella storia, nel
tempo che attraverso perpendicolare la strada. Che stanno fermi come gli
alberi, come la quercia millenaria che t’accoglie a Triacastela e il cartello
ti spiega che prima che il cammino fosse lei c’era, e quindi li ha visi tutti
passare di lì.
Così i locandieri, che abbiamo dietro le spalle la solidità
di un locale o la traballante allegria di una roulotte, quasi tutti ti stampano
addosso un sorriso che vale mille barrette energetiche e ti insegnano che cosa
sia l’accoglienza al pellegrino,
quella evangelica, quella dell’albergatore partner del buon samaritano
nel salvataggio del viandante seviziato dai briganti, che se uno c’ha messo il
first aid e il capitale, l’altro –com’ebbe a scrivere Alvaro del Portillo- c’ha
messo la professionalità del care giver, di chi non ti stacca l’attenzione di
dosso, di chi ti tira fuori dal dolore.
Così loro.
Prima nomination a Rosa di Aira do Camino, che incontri
quando ti scapicolli giù da Alto do Poio, due colli dopo O’ Cebreiro. Ha un
radar speciale per l’empatia e la cura: non ti molla, nessuno. Arriviamo da lei
in una mattina di pioggia a dirotto, ci viene incontro, ti toglie quasi la
mantella di dosso per metteral a scaldare, ad asciugare. E lo fa con tutti quelli
che entrano dopo di noi. Ad una signora anziana scosta la sedia e la mette
vicino a noi così facciamo conversazione mentre ci arrotoliamo davanti al
camino. I quattro caciaroni italiani li piazza un po’ discosti, dopo aver messo
a stendere le mantelle ricoperte d’acqua.
Mangiamo due torte: sarà la fatica, sarà l’atmosfera ma
sembrano le migliori del mondo.
Quando te ne vai ti saluta stringendoti la mano. Come una
nonna (c’ha l’età da nipote però) che ci resta male ma sa che devi andare e che
non la scorderai.
Poi Sonia, tutto l’opposto, ma sempre attenta e accurata:
diversamente magra, ugualmente affettuosa, decisamente sonora. Sorride anche
lei, ma in modo squillante, non chapliniamo, ti offre da bere, ti racconta la
gratuità.
Poi un ragazzo che sembra uscito da un telefilm comico: la
caricatura del terzomondismo newage, ma è tutto vero, e non fa ridere, fa
tenerezza. La sua tenda –in senso letterale- si staglia su un albergue in
ristrutturazione. Non vede bevande e torte, le offre e chiede un contributo per
il loro lavoro: con mani lievi rimettono apposto pietre e letti per accogliere
chi si vuol fermare tre passi prima del Cebreiro.
Ha tre succhi da proporre –Franca invece opta per la torta
che giudica eccellente- e sono verde rosso e arancione. Chiedo che cosa
contiene il verde: capisco solo che c’è dentro peperone e zucchina e che è
molto energetico. Lo provo. Esplosivo. Gusto da amatori, ma che ti lascia un
senso da pioniere. Poi provo quello arancione: zumo de naranja corretto con
menta e sedano. Fresco come non te lo aspetti.
Ma è lui che vale l’offerta, quel suo sorriso aperto, la
speranza stampata in faccia, la voglia di raccontare, la passione. Si merita
citazione giornaliera nelle preghiere insieme ai suoi amici.
Chiudo con la nonna galiziana, scolpita nella roccia, che
c’accoglie –beh, accoglie: parliamone- dietro il bancone di Carmelo, ristorante
del pellegrino sulla cima del Cebreiro. Entriamo, chiediamo se si può mangiare.
Ci guarda con memoria storica e occhi sbarrati. Come a dire: mangiare? da noi? ancora? Anche voi?
Son più di mille anni che viene qui gente che vuole mangiare! E statevene a casa
vostra a mangiare! Che cosa venite a fare qui? Che ci tocca far da mangiare per
tutti! Da mille anni!
Come dire: la quinta essenza dell'accoglienza!
Le arriva in soccorso il figlio che ci fa sedere e ci offre
caldo gallego e pollo arrosto. Come dire: un McDonald’s locale.
Però dentro questi gesti leggi la voglia di servire, di
darti una spinta. Leggi il rispetto per chi passa, leggi il dolore per chi va e
non torna più. Perché questo sanno forte e chiaro questi signori, che tutto
scorre veloce, che son locandieri del minuto, che chi vedono non ci si possono
affezionare perché l’abbandono e questione di minuti. Eppure non mollano,
s’affezionano, si danno da fare. Ci credono.
Son convinto che sia questo l’amore, non s’aspetta che una
parola buona. Detta non a quello che ti ha amato, ma ad un altro, uno che non
sa di che cosa parli.
E se vuoi saperne di più, perché nella lezione di umanità
varia c’è nascosta quella di marketing
sai una occhiata alle 7
lezioni degli albergatori del Cammino e all’approccio di Sonia
della Casa Verde, che non te ne penti. Dai retta un cretino come diceva
Bisio quando faceva Micio.
Ecco qui tutte le tappe fino ad ora pubblicate
e le tappe in arrivo
Decima: il tempo sul Cammino
e poi
Ho dimenticato la patente
Cammino e croci
Le delusioni sono passi avanti
Di muscoli feriti e di forze ritrovate
stay tuned!
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