E vabbé lo confesso, un po’ ci son rimasto male.
Prendi
l’auto, guida mia moglie –vi spiegherò domani perché- e in un’ora e mezza arrivi a
Finisterrae, sotto la pioggia ovviamente. La fine del mondo.
Dove i Romani,
dice la guida, quelli antichi per precisare, guadavano stupiti il sole affogare
nell’immensità dell’Oceano. Ti aspetti una roba che ti mozza il fiato. Un posto
che non dimentichi più. Usque ad ultimum terrae!
E invece ti trovi un muro di nebbia che a momenti ti
nasconde l’acqua che sbatte sugli scogli.
Ma come? Tutto qui? Una roccia che s’arrampica su dal mare
correndoti in contro, un faro che non sembra neanche quello dei racconti con
Fosco Giachetti e Maurizio Chevalier, una bottega di souvenir che fa anche
panini.
Perplesso. Deluso. Poi vai al paese. E ti sembra uno
scherzo. Paese? Una manciata di case buttate sulla costa come formine da un
bambino capriccioso. Odori. Sporco. Colori sfatti, come per una malattia.
Una spiaggia lontana. Ci vai. In macchina si intende. E già
questo la dice lunga. Fino a ieri ti facevi 30 chilometri al giorno, oggi per
fare 500 metri prendi il mezzo. La poesia è finita?
La ritrovi lì, su quell’arenile dove tutti –insieme a noi
c’è un pulmann di inglesi- sono a caccia di conchiglie. Della concha anzi. LA
conchiglia. Quella di saint Jacques, di Sant’Iago (scriviamolo così). Il
certificato.
Stessa delusione che avevi provato sul Monte Gozo. Che non
si vede nulla. Almeno non te lo spiegano così bene. Noi, visto niente. Solo una
periferia uguale a tante altre.
Poi ti fermi. Guardi la concha. Il mare. La sabbia. Il cielo.
Ecco. Tutto si chiarisce.
Ma che cosa stavi cercando? Quello che vuoi tu? Che ti aspetti? O quello che il Cammino ha in serbo per te? Sei tu al centro o Lui? Sarà mica che le tue delusioni dipendono dall’incapacità di abbandonarti? Fidarti? Lasciarti andare? Basta scendere dal Cammino per un giorno e già ti sei perso tutto? Hai ripreso addosso la corazza del tuo ego? In così poco tempo?
Tiri su, non col naso, l’anima, la respiri dentro il rumore
delle onde, dentro i colori delle conchiglie, dentro i disegni della spiaggia.
Riparti. Destinazione Muxia. Ma stavolta sai cosa aspettarti. E quella chiesa protesa verso l’infinito, bruciata da poco ma senza perdere il suo pudore, senza confondere i suoi pensieri, sta. Sta. E basta. Sta. Ferma. Coraggiosa. Non sfida l’oceano, lo culla, lo calma, gli racconta storie, quelle dei pellegrini che sono passati di lì e che ancora verranno.
Perché questa è la vera fine del Cammino, la casa di Dio.
Ecco qui tutte le tappe fino ad ora pubblicate
E a seguire
Undicesima: delusioni e aspettative
Dodicesima: la patente dimenticata
Tredicesima: la croce e il cammino
Quattordicesima: di muscoli e fatica
Quindicesima: la messa del pellegrino
Sedicesima: tutto ricomincia
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