Il furto delle parole
Come i media svuotano le #parole
apparso su Lacrocequotidiano
del 27 gennaio 2015
In un bello quanto antico telefilm –si chiamavano così
all’epoca quelli che oggi sono più nobilmente serial tv- della serie Ai confini
della realtà (Parole in
libertà 1985) un uomo perdeva progressivamente il significato dei
vocaboli. Non era più in grado di chiamare gli oggetti per nome e privo così
del terreno comune finiva per non riuscire più a comunicare con chi gli stava
intorno.
Questa stessa idea, un incubo per chiunque oggi, disegnato
sulla nebbia dell’Alzheimer (il delizioso mestolo di Barney), fu ripresa
qualche hanno dopo dal fumetto Dylan Dog (dicembre 1995 albo gigante 4) in una
vicenda nella quale il personaggio che perde il senso del linguaggio finisce
suicida, rivelando l’importanza del comunicare per vivere. Senza senso si
diventa pazzi.
Nell’epica e ben nota scena di Palombella Rossa Nanni
Moretti schiaffeggia l’incauta giornalista che si abbevera di banalità sinistre
apostrofandola con un bruciante “le
parole sono importanti!”.
Già le parole sono importanti.
Perché le parole contengono dentro una saggezza che rivela
molto della nostra vita e che può dare fastidio. E quindi oggi c’è chi vuol
cancellare questa loro forza: coniuge e consorte sono molti diversi da compagno. Il pane lo spezzo con chi
voglio e alzato da tavola me ne vado, la sorte o il giogo –quello che è leggero
e felice- si divide per la vita.
Le parole parlano piano, sussurrano, gridano e dicono il
senso: sono come cartelli che puntano più il là, per mostrare che c’è vita
oltre il suono ed è una vita che va compresa per farla propria.
Le parole uniscono se si utilizzano nel medesimo modo, con
condivisa pienezz : perché se le parole perdono senso diventa impossibile
ragionare. Logos in greco sta sia
per parola che per ragione: una ragione ci sarà! Se dunque vuoi combattere il senso, impedendo il dialogo
sulla realtà, è le parole che devi attaccare per prime.
Una battaglia è già in atto: è la creazione –avvenuta anni
fa- dell’antilingua, non quella di Calvino che attaccava il burocratese, ma
quella di Liverani che mostrava come si cercasse di sottrarre il dolore e il
crimine da atti violenti edulcorando l’azione con vocaboli incomprensibili o
morbidi. Purtroppo non sono le parole che rendono giuste le cose, sebbene lo si
pensi e lo si speri. Le parole descrivono non determinano. Né che le rendono
cattive peraltro: definire omofobo un convegno sulla famiglia…. Va bé sapete
già tutto, tirem innanz.
Oggi capita altro, oggi la guerra è differente: ci stanno
rubando il significato delle parole e così finisce che non ci si capisce più.
Non si può più discutere. Soprattutto non si capisce più la realtà. Succede
ogni volta che l’uomo vuol farsi Dio, come a Babele.
Poiché vuole scimmiottare il Verbo, deve inventarsi altri
linguaggi e non potendoli creare, cerca di cariare quelli esistenti,
prosciugandone l’essenza come un dissennatore o impiantandosi dentro come i face-hugger di Alien che generano
mostruosità erompendo dal guscio svuotato di vita.
La strategia è semplice: prendi una parola chiave – chessò:
libertà, amore, educazione, genitore, matrimonio- e inizia ad eroderla
lavorando sull’emotività (e in questo i media sono maestri, coltivano e
moltiplicano l’emotività più Gesù pani e pesci, perché così si finisca per
affogare la ragione nel pianto e nel godimento), svuotala da dentro e riempila
di sensazioni che affogano la logica. E inizia ad usarla contro la sua reale
definizione.
Facciamo un esempio: libertà che da mezzo è diventato fine.
Libertà in origine è una facoltà, uno strumento che permette
il discernimento. E c’è chi ne distingue l’attuazione dalla possibilità: come
spiega bene Frankl posso essere libero anche se internato in un campo di
concentramento, ciò che mi viene sottratto è il libero arbitrio, la possibilità
di attuare una scelta, ma mantengo sempre la possibilità di volere o non
volere.
Quindi a libertà è mezzo che guida, meglio: è guidata dalla
coscienza, ad agire per raggiungere un bene. In questo senso la verità ci farà
liberi, perché più conosceremo la volontà più saremo liberi in quanto capaci di
scegliere il bene.
Non è la libertà che farà il vero, come invece si sostiene
oggi.
Irridendo non dico solo l’etica ma anche la coerenza, si
pretende che la libertà sia fine ultimo, possibilità di scegliere senza
costrizioni, poiché è la libertà a determinare che cosa sia bene e cosa dia
male nell’atto stesso della scelta. Il che vorrebbe dire che qualunque cosa
scelgo è lecita. Poi no però, perché parlare di famiglia è aggressione e quindi
con la mano destra scrivo #jesuischarlie e con quella sinistra
#convegnoomofobo. Ora è vero che il Vangelo dice non sappia la tua destra cosa
fa la sinistra, ma forse non era in questo senso che lo si intendeva.
Oggi quindi finisce che libero è chi libero fa, cioè chi fa
quello che vuole e così si riduce la logica e la coerenza a fascismo della
filosofia.
Peraltro da questa manipolazione del senso nascono i
conflitti di oggi: come si può trovare un terreno comune tra chi pensa che la
felicità stia nell’esercizio senza limiti della libertà e chi pensa che
nell’affidare la propria libertà ad una guida che nel limitarla le restituisca
una felicità maggiore e senza fine?
Prendiamo amore che secondo la vulgata è significato a se
stesso (love is love) e soprattutto non è un verbo, come dicono gli americani
avvantaggiati dalla bivalenza della parola love, ma un sentimento che soffia
dove vuole, specie sui genitali, i quali rinnegando l’etimologia non servono a
generare ma a divertirsi.
Questa deprivazione di senso, questa tempesta che impedisce
il dialogo, perché ognuno applica la propria interpretazione del termine,
questa manipolazione che assonna le coscienze, è responsabile della separazione
dal vero: quando si inizia a parlare si finisce per litigare per ore sul senso
del vocabolo e quando alla fine trovi una quadra ti sei scordato del punto di
partenza e di dove volevi arrivare.
Ma questo è quello che vogliono i gestori della cultura e i
media, che così con le parole giocano da perfetti illusionisti senza svelare il
trucco. I nuovi media ne amplificano l’effetto, la rete al giornale ne rimanda
notizia, ma masticata, devastata, rimpastata in un senso nuovo che
dell’originale non ha più nulla. Perché nella rete c’è sempre chi beve
qualunque cosa, confondendo il lercio.it per fatto certo e non riconoscendo
l’illogicità che a volte sta dentro la medesima frase: un tempo ci si
esercitava con i paradossi logici “il cretese Epimenide dice tutti i cretesi
mentono”. Oggi basterebbe leggere qualche titolo di giornale specie on line, o
constatare che a fianco dell’ennesima tirata contro il maschilismo sessista
campeggia la foto seminuda di una pubblicità o peggio di un pezzo porno soft.
Riconquistiamo l’etimologia, dichiariamo il dizionario
patrimonio dell’Unesco, affidiamone la protezione al FAI, lanciamo una campagna
aggressiva con una parola che sculetti e proclami “toglietemi tutto ma non il
mio significato” (come testimonial propongo intimità
o sottomissione o relazione che fanno di sicuro audience),
fondiamo un movimento NoFAV (Furto Avvelenato Vocaboli), creiamo un evento
durante Expo (il senso nutre il pianeta), ma non facciamoci rubare ciò che
collega la riflessione alla realtà.
E per chiudere e istigare alla riflessione provo a
raccontare qui con provocazioni verbali, ci sta in un pezzo sulle parole,
questa distrofia linguistica descrivendone la deriva.
Limite
Serviva a separare, proteggere, definire. Oggi è solo da
abbattere, perché tutto si conquista a prezzo della verità. L’importante è
fini….re
Libertà
S’è affrancata dal PER e si è ammantata con DI e DA. Si è
fusa con il libero arbitrio ed è diventata fine, finendo prigioniera del
capriccio e delle mode.
Amore
Sceso dal verbo, è saltato a cavallo delle emozioni, dalle
quali è trascinato e deriso,. Si guarda allo specchio per trovare quello che
una volta si cercava fuori da sé, oltre sé. Onanismo della ragione.
Genitore
Sinonimo di possessore di figli, ha rinnegato la sua radice
etimologica per assumere quella più conveniente
Educazione
Tirare fuori, esaltare il potenziale, indirizzare il
talento: questa l’origine. Oggi insulto che implica autoritarismo, costrizione.
Per evitarlo si finge di trasformarla in una offerta di valori tra i quali si
può scegliere. Peccato che alcuni valori siano più uguali di altri.
Giustizia
Dare ad ognuno il suo. O dare la medesima cosa a tutti? E
poi ognuno chi? Ci sono ognuno che sono più ognuno di altri. E nel dubbio
meglio costruirsi la propria. E marciare per aggiustarne la definizione di
volta in volta secondo gli interessi del momento.
Sesso
Una volta diceva quello che eri e la tua personalità. Oggi
si fa, senza limiti e confini. Ma
non è un canto né libero. È solo animalità che si offre nuda a noi.
Figli
Siamo passati dall’avere –accogliere il figlio che arriva- a
fare. Il prossimo passo è acquistare. Anzi no è già qui. E-baBy
Matrimonio
Dono alla madre. Poi sono diventati alimenti alla moglie
abbandonata. Oggi è un’etichetta vuota di senso che rincorrono tutti salvo
affermare, dopo, che è una prigione dalla quale scappare in fretta. Coerenza
l’è morta.
Fare
Giannino o Prometeo? Ha sostituito avere, che può essere
passivo, e soprattutto essere. Oggi sei ciò che fa, perché chi fa è dio: sesso,
figli, soldi, quello che vuoi.
Saluto
Gli ebrei auguravano la pace, i greci la gioia, i latini la
salute. Noi il benessere o la luce. O gli auguri di stagione. Che di per sé non
hanno senso.
Diritto
Il retro della moneta dovere. Oggi qualunque capriccio. Diritto alla autodeterminazione,
diritto all’aborto, diritto al lusso. Manco il valore dell’aggettivo gli hanno
lasciato.