È una battaglia antica quella che stiamo combattendo. Una
battaglia che alle sue radici nella storia dell’uomo e nella pretesa di
autodeterminazione che l’antico peccato contro Dio.
Tutto ritorna lì, in quella promessa, in realtà una
menzogna, che invita l’uomo a ribellarsi per essere come Dio che possedersi,
possedere il controllo di ciò che è bene e ciò che è male. In ultima
analisi decidere di sé come se non
fosse una creatura.
È una battaglia antica che va combattuta con antichi metodi:
scacciare con la ragione Ciò che l’emotività vuole offuscare, vuole nascondere,
vuole negare.
Perché il punto è questo, dobbiamo essere sempre più
preparati a rendere conto della nostra fede, che razionale e basata sulla
corretta interpretazione di che cosa sia l’uomo, per poter sovrastare la
potenza dell’emozione che invece ammutolisce la ragione con le suggestioni, i
sentimenti, gli istinti.
E dobbiamo farlo comprendendo sempre di più qual è la verità
e imparando sempre meglio raccontarla. Non tanto a coloro che attaccano
frontalmente, perché penso che con coloro che sostengono con una passione
carica di odio, del tutto razionale e fortemente basata sull’ideologia più
accecante, la battaglia sia persa. Ma per coloro che ascoltano, per coloro che
non intervengono sui social media ma leggono e pesano non soltanto i contenuti,
ma anche la modalità esposizione: pacatezza e pazienza, a volte in una fermezza
e in una logica ineccepibile, contro il furore di idee recitate a memoria.
Per questo ritengo che sia fondamentale studiare
continuamente e migliorare continuamente le proprie competenze e conoscenze.
Prendiamo questa vicenda dei diritti, in realtà vogliono
rendere moralmente leciti dei capricci personali. Diventa sempre più difficile
combattere contro coloro che invece di argomentare, invece di ragionare, non
fanno che ripetere uno slogan trito e ritrita: ma a te che cosa cambia? Ma se due si amano che male fanno a te?
Mi cambia molto invece, e mi fa davvero male perché cambia
la realtà. Abbiamo sperimentato con le sciagurate conseguenze di concessioni, tutte fatte in nome di un
pietismo che ben presto si è dissolto di fronte all’assalto dei capricci, quali
quelle relative al divorzio all’aborto, per citare solo due delle tragedie che
hanno inciso profondamente sulla nostra società e sul nostro bene.
Ben vengano dunque libri che ci aiutano a capire queste
cose, ad avere idee sempre più limpide, ad avere sempre una maggiore chiarezza
per poter raccontare agli altri, a coloro che hanno piacere di ascoltare, che
hanno se non altro quella luce di voler capire prima di prendere una decisione,
ciò che va detto con le parole più giuste.
È spettacolare in questo senso l’ultimo libro di Pier
Giorgio Liverani, Diritti distorti ovvero
la legalizzazione dei desideri (edizioni Ares) È veramente un aiuto
prezioso per scandagliare le profondità della ragione, per cercare le origini,
per mettere in fila i deliranti proclami sedicenti maitres à penser su questo tema.
Liverani va a fondo del problema, chiarendo in maniera
inequivocabile che all’origine di tutto c’è proprio la scelta di trasformare i
propri capricci in diritti partendo dal concetto di autodeterminazione, perché
vuol dire che io sono in grado di decidere quello che io sono, io voglio, io
desidero.
Ma per la stessa limitazione dell’uomo questo presunto
diritto civile diventa l’imposizione con violenza del più forte sul più debole:
basta guardare ciò che è capitato di recente, tutte le leggi apparentemente
costruite intorno dei diritti sono in realtà l’esercizio della forza di chi può
farlo contro chi non può difendersi. La porto è il caso più eclatante, ma anche
il divorzio, specie come configurato ora in maniera non soltanto rapidissima,
ma anche non consensuale, è un modo per esercitare la brutalità di chi pensa
solo a se stesso e il signore diritti degli altri, a cominciare da quelli dei
figli..
Liverani spiega molto bene che i diritti civili di cui oggi
si parla non hanno nulla a che vedere con i diritti universali dell’uomo
proclamati della famosa dichiarazione delle Nazioni Unite nel 1948. Infatti, Mentre quelli si basano su una
legge naturale che precede il senso logico l’uomo, tutti i diritti di oggi si
basano sulla considerazione dello stato etico vale a dire di una porzione di
spazio di tempo che decide di stabilire in funzione del proprio capriccio ciò
che è bene ciò che male per l’uomo senza alcun riferimento alla natura. Non solo ma, come spiega benissimo
l’autore, viene completamente ribaltato il senso della legge: “non è la legge che discende dai valori
riconosciuti, ma i valori che dipendono dalla legge arbitrariamente
proclamata”.
Questa la ragione principale per cui queste cose qui “mi
fanno male”, perché ciò che si ritiene semplicemente la soddisfazione di un
presunto diritto, diventa la proclamazione di un nuovo valore che in genere si
oppone cancella un altro, che A differenza di questo è vero, è ciò che serve
all’uomo, e ciò che rende l’uomo felice.
Il fondamento filosofico è quello che Stefano Rodotà esprime
in questo modo: “il diritto di avere
diritti” di fatto affermando appunto quella autodeterminazione di cui
parlavamo in principio.
In realtà io non ho il diritto di avere diritti, questi
diritti me le ritrovo donati dalla mia natura, non per mia scelta
un'imposizione. È di nuovo la vicenda del rispetto di cui ho parlato tempo fa:
il rispetto dipende dalla natura dell'uomo, È un dono della natura, della mia
natura, è implicito nella mia esistenza, non è un dono di altri, non è un
riconoscimento di una mia particolare capacità di comportarmi, ma qualcosa che
mi è dovuto per il solo fatto che sono stato concepito.
Liverani è molto chiaro nel chiarire come catastrofe
antropologica Nella quale la società presente ci sta trascinando dipende da una
autoreferenzialità assoluta chi afferma “sono
io il giudice delle mie scelte e delle mie azioni”. Questo e molto più che un errore, e semplicemente demoniaco, anche perché di fatto sancisce
l’incomunicabilità la impossibilità di vivere in consorzio mani per ogni
singola persona. Quello che era il bene comune diventerebbe dunque soltanto un
accordo, che vale la limitata porzione di spazio di tempo, e che è imposto dai
più forti.
Infatti la libertà esistenziale, che secondo Rodotà, costituisce
il vertice della libertà umana, fa
notare Liverani “vale soltanto in senso
negativo (contraccezione, fecondazione artificiale eterologa, manipolazioni
genetiche, aborto, suicidio, eutanasia) mentre non può riguardare la nascita,
perché nessuno può nascere per una decisione autonoma ed evitare la morte”.
La conseguenza immediata di questa deriva che trasforma
capricci in diritti è la persecuzione di coloro che invece, in funzione della
legge naturale del buon senso, o potremmo semplicemente dire in funzione della
verità e della logica, si battono contro queste assurdità.
Come siamo soliti infatti chiamare coloro che sottopongono
ad un diritto? Gli epiteti sono sempre gli stessi: fascista, razzista, nazista,
o qualche altra cosa che finisca in –ista.
Perché anche una parvenza di senso, effettivamente questi
aggettivi possono essere applicate a coloro che si oppongono dei diritti, ma quando i diritti sono veri, quando i diritti ad un reale fondamento
della persona.
Le battaglie per ottenere i diritti, ad esempio quella
famosa di Rosa Parks,
effettivamente erano lotte contro oscurantisti, contro coloro che si
opponevano all’attuazione di un reale diritto.
Il gioco è tutto qui: nel momento in cui ho la pretesa di
trasformare un capriccio di un diritto, evidente che coloro che si oppongono
fanno la figura dei razzisti della vicenda di Rosa Parks
Ecco perché è importante avere argomentazioni forti come
quelle che possono essere apprese da questo libro che consiglio
spassionatamente.