Quelli che esaltano la vacanza locale asserendo che il Bel
Paese è il posto più bello che c’è e che non c’è bisogno di andare all’estero
non hanno proprio capito che cosa sia viaggiare e mostrano una mentalità
imprigionata.
O per lo meno così sembra, così appare.
Perché viaggiare non è delocalizzarsi da un luogo ad un
altro per fare le medesime cose, mangiare italiano e lamentarsi perché l’acqua
non è così trasparente, il clima non così asciutto, i ristoranti italiani non
sanno fare l’amatriciana.
Viaggiare vuol dire iniziare a cercare le differenze, apprezzarle,
capire la storia, le usanze, le culture e cogliere ciò che è utile per crescere
in saggezza; viaggiare vuol dire calarsi dentro mondi diversi, ascoltare,
guardare, confrontare non per dare giudizi ma per capire, per imparare. Vuol
dire scoprire come si può affrontare diversamente la stessa situazione,
scoprirne di nuove inattese, allargare cuore e mente. Apprendere dai gesti, dai
luoghi, dai colori, dai fiori, dai tramonti, dalle autostrade, dai cartelloni,
dai negozi, dagli odori, dai tempi.
Perché viaggiare vuol dire lasciare il consueto per
spalancarsi alla novità e tornare a casa con un tesoro da riversare nel proprio
paese.
Chi resta a casa, apparentemente a godere delle bellezze del
paese, non sa che cosa si perde. E se lo sa e ci rinuncia, non sa la gravità
del suo errore.