apparso su LaCroce Quotidiano di sabato 28 marzo
Capisco che sia difficile, capisco anche che richieda
discernimento, ho però il timore che troppo spesso sia un modo per propalare i
falsi miti del progresso.
Quello di voler confondere a tutti i costi peccato e peccatore,
brandendo l’ascia della carità, la quale è essenziale senza dubbio, ma è tale e
non si confonde con il buonismo, solo se è affiancata alla verità.
Come ho più volte scritto, i falsi miti, vale a dire la
manipolazione della realtà e della natura umana, hanno bisogno di un forte
coinvolgimento emotivo, il modo migliore per distrarre fino a spegnere la
ragione e poter così diffondere tutto quello che solletica emozioni ed istinti,
le due strade principali verso la follia e l’egoismo.
Sì perché anche un sentimentalismo slavato è di fatto una
forma sottilissima di egoismo, come Berlicche spiegherebbe raffinatamente.
Certi sguardi teneri verso gli agnellini o per una pseudo-famiglia che ha
appena comperato un figlio, si tramutano in occhiate cariche di odio e di
violenza non appena questi sentimenti sono contrastati da chi, in nome della
ragione, ne distrugge il pathos superficiale.
Ci piace sentirci buoni, e la commozione è la strada diretta
per sentir battere il cuore, solo che senza una guida efficace il cuore non ti
porta dove devi andare, ma dove ti vogliono condurre.
Ci sono cuori che battono forte per gli animali e si
impietriscono di fronte all’aborto: mi rendo conto che è un luogo comune, ma
appunto, è un sentire comune. Non solo, sia chiaro, in nessun modo voglio
affermare che l’amore per gli animali implichi o imponga o corrisponda a scelte
contro la vita, dico solo che capita di vedere questo bipolarismo inspiegabile
se non con questa scissione
imposta dell’emotivismo caritatevole.
Che tanta gente sembra ribadire coi fatti la famosa battuta,
acida e sagace, della Lucy di Charles M. Schulz: “amo l'umanità è la gente che
non sopporto”.
Ci piace sentirci buoni perché questo solletica il nostro
egoismo, la nostra voglia di protagonismo, l’essere al centro dei riflettori.
Ci piace avere audience e per farlo dobbiamo gridare quello che le persone
vogliono sentirsi dire, è che raramente è la verità. Il che chiude un cerchio
che in realtà è una spirale che ci sprofonda nel baratro.
L’emotivismo spegne i riflettori della verità e pretende che
tutto ciò che solletica il sentimento sia buono in sé: “vedi come si vogliono
bene”, esclamano ad esempio di una coppia di fedifraghi che ha tradito –sì,
questa è la parola esatta: le parole contano!- i rispettivi coniugi per
riscoprire una tardiva passione. “Vedi come sono contenti” impazza il web con
la foto dei due padri che piangono strappando dal ventre di una schiava moderna
il figlio appena nato.
“Vedi come è buono” il genitore che accontenta ogni
capriccio e dà al figlio quello che vuole invece di ciò che gli serve.
Si combatte per una pianta, per gli agnellini, per il
matrimonio a tre: tutto sullo slancio di una sensibilità drogata, alimentata da
un buonismo che è acido e tagliente, ma che viene preso per amore per il mondo.
In realtà chi ama vuole il bene dell’amato, non la sua
soddisfazione. Non gli importa che in questo preciso momento entrambi si soffra
–perché #sallo correggere l’errore costa, fa perdere popolarità, genera
ruvidità, spigoli contro spigoli, non lo fai se non sei veramente convinto che
sia bene- purché entrambi si faccia un passo avanti verso il bene e il bene
condiviso.
Invece per poter assecondare i falsi miti del progresso,
quello che ci porterebbe ad un mondo tutto rose e fiori dove ognuno ama e sta
bene, bisogna che questi momenti di verità vengano annebbiati, ridotti,
cancellati.
Non si può distinguere peccato da peccatore perché oggi io
sono quello che faccio e se dici che quella cosa lì è sbagliata ce l’hai con me
e mi odi e mi vuoi cancellare. Che in realtà è esattamente l’atteggiamento di
chi si fa alfiere dei falsi miti, dato che sono Charlie solo per chi la pensa
come loro, per il resto sono Caterpillar: tutto deve essere distrutto con ogni
mezzo. Lo sanno bene le Sentinelle ad esempio come lo sanno bene i nostri
quattro moschettieri.
Additare la verità è un dovere, guai a me se non insegnassi
la verità, se non indicassi quale sia il vero bene, non quello posticcio,
quello istantaneo che lascia in bocca miele e fiele e che non soddisfa mai
proprio come il peccato (sarà mica che sono la stessa cosa?).
Quando lo fai si alzano gli scudi –altro che le spade
sguaiate per il verde del prato che ormai come ha scritto la Principessa
Belletti sarebbe ora di sguainare le spade impedire di dire che si sguainano le spade per affermare che
l’erba sia verde- e ti assalgono a colpi di Vangelo, di carità fraintese, di
gesti di Gesù non detti.
Come chi afferma che Gesù nel Vangelo si sia arrabbiato solo
due volte: ora è vero che quando scaccia i mercanti dal tempio si dice espressamente che fece un gran
macello, ma non mi pare che molte affermazioni da Lui fatte siano da immaginare
dette con un sorriso ironico o pacato….
Perché è facile rinfacciare questa roba qui: che voi che
siete cattolici dovete amare tutti e come vi permettete di combattere battaglie,
amate e state zitti
Basta vedere i commenti ai lanci mattutini del direttore su
Facebook per capire come questo malinteso sia così frequente da apparire
sospetto.
Questo non è essere cattolici, è essere diabolici.
Fatevene una ragione: la verità va annunciata così come la
carità va praticata, ma sono due piani diversi. La carità non è per l’umanità,
è per le singole persone, è cuore a cuore, è curarsi sul ferito nell’ospedale
da campo. Non è una nuova enciclopedia medica che nega l’esistenza di malattie
–a proposito, si comincia a parlare della pedofilia come di disordine, no di
malattia; il prossimo passo è derubricarla a scelta e il gioco è fatto di
nuovo- o che rifiuta di guardare alle ferite.
Se devo educarti, ti mostro dove sbagli e cosa devi fare per
correggerti, poi ti abbraccio e ti assisto in ogni modo, ti sono vicino anche
se fai cose che non vorrei, che mi ripugnano, non chiudo mai la porta per
esserci sempre per te, ma non indietreggio di un millimetro da ciò che ritengo
essere il bene. E lo faccio perché ti amo.
Altrimenti tutto diventa un caos, tutto diventa
bamboccionismo, diventa falsa carità, diventa capriccio.
Ah già, è proprio quello che sta accadendo.