Prego molto. Almeno credo. Poco se confrontato con
quello che dicono i santi. Molto se confrontato con la media. Il che è già
un’ammissione di banalità.
Che cosa m’interessa la media? C’è forse una
specialità olimpica della preghiera quotidiana?
Lasciamo stare, andiamo sullo zoccolo duro: perché
pregare?
Perché invocare alcuni santi, ripetere ogni giorno la preghiera di Santa
Brigida, quelle a sant’Espedito,
quella
per i figli, il rosario, o le novene per
il lavoro, o il ciclo dei sabati
di Pompei?
Poi ci sono le preghiere che ti chiedono e che chiedi,
sai che offri e impetri per altri che ti chiedono di ricordare loro, le loro
sofferenze, i loro cari, le loro intenzioni, le loro speranze, le loro
fragilità.
Certo, c’è una certa componente di superstizione, non
lo nego:
prega che ti va tutto bene.
Che non ha senso pregare perché vuoi essere esaudito. Ci speri sì, ma sai che comunque vada, va bene, perché tutto concorre al bene. Tutto. Anche se fa male. In superficie. Magari anche più dentro. E fai fatica a capirlo.
Ecco perché preghi, perché senza che te ne accorgi
finisci per affidarti, per assorbire da quelle parole che ripeti magari
distratto, in modo meccanico, senza starci dentro, ma dentro ti entrano, per
osmosi.
E pregare per gli altri,
-e quanti altri, che ci sono quelli che te lo chiedono e ti senti in dovere, dovere d'amore, di essere al loro fianco, lì quando non c'è null'altro da fare, quando non sai come parlare, che parlare sarebbe comunque sbagliare ma stare in silenzio di più, quando tutto crolla e soffoca e non capisci come possa esistere un cielo e un futuro e tutto è dolore, gonfio, ruggente, ruvido come carta vetrata, tutto brucia a respirarlo; quanti altri quelli che non te lo chiedono ma stanno lì piantati nella tua vita e li vedi che hanno bisogno, eccome, persino più di me, li vedi e ti sgorga dal cuore come un urlo nel buio, che squilla e profuma di mele e primavera e squarcia e mette in fuga, che cosa non sai, ma scaccia e rasserena, come l'aurora, come il mare che sale lento a sera, e come fai a non pregare per questi, tutti?-
e pregare per gli altri
chiedere, ascoltare, rilanciare, ti spalanca comunque l’orizzonte, ti squaderna la vita, che non è riferita a te, costruita intorno a te (quella semmai è la banca, affascinante che ciò che fa centro su di te è il denaro e quello che rappresenta..) ma che ti cattura come un arazzo intrappola il filo per dargli ricchezza che da solo è solo un tratto di corda e nel disegno diventa mare, vento, capelli, gioiello:
-e quanti altri, che ci sono quelli che te lo chiedono e ti senti in dovere, dovere d'amore, di essere al loro fianco, lì quando non c'è null'altro da fare, quando non sai come parlare, che parlare sarebbe comunque sbagliare ma stare in silenzio di più, quando tutto crolla e soffoca e non capisci come possa esistere un cielo e un futuro e tutto è dolore, gonfio, ruggente, ruvido come carta vetrata, tutto brucia a respirarlo; quanti altri quelli che non te lo chiedono ma stanno lì piantati nella tua vita e li vedi che hanno bisogno, eccome, persino più di me, li vedi e ti sgorga dal cuore come un urlo nel buio, che squilla e profuma di mele e primavera e squarcia e mette in fuga, che cosa non sai, ma scaccia e rasserena, come l'aurora, come il mare che sale lento a sera, e come fai a non pregare per questi, tutti?-
e pregare per gli altri
chiedere, ascoltare, rilanciare, ti spalanca comunque l’orizzonte, ti squaderna la vita, che non è riferita a te, costruita intorno a te (quella semmai è la banca, affascinante che ciò che fa centro su di te è il denaro e quello che rappresenta..) ma che ti cattura come un arazzo intrappola il filo per dargli ricchezza che da solo è solo un tratto di corda e nel disegno diventa mare, vento, capelli, gioiello:
splendore.
La tua innanzitutto.
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