Che se Dio non esistesse tutto sarebbe possibile l’aveva già
scritto Dostoevskij. Forse non pensava che la sua provocazione sarebbe diventa
banalità.
Lo ripete lo psicoterapeuta Claudio Risé parlando della
mattanza di Roma, dove la ricerca della violenza efferata si mescola alla sua
insensatezza, più ancora in basso nella scala degli aggettivi di “banale”. Una violenza ricercata per “vedere
l’effetto che fa”. E con questo anche Jannacci si rivolta nella tomba.
E visto che siamo in tema di citazioni, richiamiamo alla
memoria anche il famoso grido del cardinal Biffi che ammoniva una società ormai
sazia e disperata.
Di questo parla ancora Risè in un recente articolo apparso
su il Giornale:
“Questa sazietà
mortale è riconducibile proprio a questo contesto. L'eliminazione di Dio e la
perdita dei propri confini che inducono ad avanzare in territori mortiferi. È
questo l'esito di un modello di cultura che non sottopone più le azioni a una
verifica morale. Ciò che è in nostro potere, si fa. Ciò porta alla follia e
alla morte”.
Già, stiamo correndo proprio in questo baratro. C’è però da
chiedersi attraverso quali ponti stiamo finendo per precipitare nell’abisso?
La strada principale e quella segnata dalla proliferazione
dei diritti, o per meglio dire, come ho già avuto modo di scrivere su questo
stesso quotidiano, attraverso i capricci spacciati per diritti in virtù di una
totalmente falsa e manipolata percezione non solo della realtà nella sua
complessità, ma soprattutto della persona. E dell’ambito naturale nel quale la
persona impara a conoscere la realtà: la famiglia.
Riprendo ancora in mano, citandolo nuovamente Di nuovo
sottolineando l’importanza fondamentale di questa ultima fatica di Pier Giorgio
Liverani (Diritti distorti, edizioni Ares), Per ripercorrere il cammino che c’è
condotti alla soglia della caduta nella disgregazione della società. È importante capire qual è la strada
che ci porterà diritti all’inferno per capire quali sono le battaglie da
compiere, perché non è più vero che ci salverà il buon senso, non è più vero
che basta aspettare perché le cose tornino ad avere senso. Non è più possibile
contare solo sul buon senso delle persone, perché sappiamo benissimo quanto sia
potente forte la manipolazione delle idee.
E soprattutto sappiamo benissimo, E se qualcuno non se lo
ricorda bene che faccio mente locale, quanto le leggi plasmano i comportamenti.
Non sono solo le leggi ovviamente a plasmare i comportamenti. Ci sono anche le
variazioni tecnologiche. Basta vedere come ci è cambiata la vita in seguito
all’introduzione nella nostra vita di due strumenti quali il telefono
cellulare, poi evoluto dello smartphone ancora più capace di modificare i
nostri comportamenti, e la posta elettronica.
Sarebbe da folli, da ingenui E folli, ritenere che
cambiamenti imposte delle novità tecnologiche e dalle leggi non abbiano
influsso sul nostro modo di ragionare e di concepire il senso della vita. Le leggi in particolare plasmano in
maniera inequivocabile i comportamenti, avendo come metro decenni cosa che
rende ovviamente non osservabile il fenomeno fino a quando oramai e
inarrestabile e distruttivo.
L’assurdo delitto di Roma parla una visione demoniaca, e uso
questo termine con profondità di senso: faccio particolare riferimento al
desiderio di distruggere l’uomo.
Parla una parola diversa,
Liverani spiega molto bene che i diritti dell’uomo sono
quelli che lo precedono sono quelli che “gli
appartengono sin dal suo concepimento e proprio per questo costituiscono le
fondamenta della società umana e –per quanto possibile e almeno in teoria-
garantiscono agli uomini E alle loro relazioni la sicurezza, la tranquillità e
la pace”.
È solo pretendendo che questi diritti discendono dall’uomo e
non lo precedono, diventano cioè espressione della sua volontà di potenza, che
tutto si disperde. Perché nel momento in cui è l’uomo, la singola persona, a
decidere quale sia il suo diritto, questo diritto è soltanto l’espressione di
una volontà, di una maggioranza, di un particolare momento dello spazio del
tempo. Non siamo molto lontani dal vero se finiamo per ritenere che allora I
diritti imposti dal regime nazista hitleriano avessero la medesima dignità,
oltretutto fondata su un parlamento regolarmente eletto.
Si può obiettare che i diritti di quella follia –attenzione:
in nessun modo sto affermando che quei diritti fossero giusti e
legittimi!- fossero immorali
perché contrari ai diritti di altre persone. La risposta è facile: la porto non è forse la negazione dei
diritti del bambino? E le pretese della Cirinnà, che oramai arriva a derubricare padre e madre a pregiudizio e stereotipo, proseguendo sulla strada che vuole
essere la madre soltanto un concetto antropologico, non sono una violazione
palese dei diritti della madre e soprattutto del figlio?
Persino il notissimo giurista angloamericano ateo Ronald
Dworkin, ricorda Liverani nel suo libro, constata che “diritto e morale non sono universi separati ma, al contrario, esiste
tra essi un legame imprescindibile” e questo perché esistono, e si possono
identificare e riconoscere, “Valori
comuni a tutti, in cui i credenti e non credenti si riconoscano, a prescindere
da dogmi e testi sacri, scavalcando le barriere che un po’ dovunque i
fondamentalisti cercano di innalzare”.
Qui c’è in gioco il senso dell’uomo oltre che la sua sorte.
C’è in gioco il futuro dei nostri figli, I nostri nipoti,
dei nostri pronipoti. La battaglia iniziata per difendere i nostri figli
riguarda tutti noi, pensare di negarla per difendere presunti diritti di altri,
in particolare secondo la folle idea che questo vorrebbe dire andare loro
incontro cristianamente, deve
essere portata avanti in tutti i piani, anche quello politico, perché non ci
venga chiesto conto di ciò che abbiamo fatto E soprattutto di ciò che NON
abbiamo fatto.
Il nostro dovere spiegare che questi non sono diritti ed
essere in grado di argomentare perché.
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