Carissimo Fabio, le vuoi tirare fuori le #§@]§ allora?
Come facevi quando mi ringhiavi in faccia a pochi millimetri
che sentivo il tuo alito fumato fin dentro l’intestino, e urlavi così forte che
non percepivo neppure le parole, ma i tuoi pugni che roteavano sì che li
vedevo, con la coda di quegli occhi che non cercavano di non mollare la presa
del tuo sguardo. Che solo così potevo farti vedere quanto amavo le mie idee da
non avere paura di te e dei tuoi compagni.
E poi siamo diventati amici, quando la stagione della
passione si è autunnata e alle esplosioni di verità si è sostituita la ricerca
della stessa, ma insieme, non contro.
Però non mi dire che non ti sei salvato dal fumo delle barricate
per finire in banca pure tu! Perché non ti riconosco più adesso che padre mi
sorridi sornione, un po’ ingrassato –beh, diciamocelo tra di noi, un BEL po’
ingrassato, che non è un problema di alimentazione, ma un specchio di quella
tranquillità alla quale hai abdicato riponendo la volontà nell’astuccio che poi
hai chiuso nell’ultimo cassetto della credenza, termine mai più azzeccato nella
sua ambivalenza- e mi rispondi con tenerezza che son ragazzi, che bisogna
capirli, che bisogna lasciar fare.
Così mi hai detto quando ti ho sbattuto sotto gli occhi le
foto che posta tua figlia sua facebook, che un tempo le ragazze così le
chiamavi con un termine così crudo e tagliente che non voglio ripeterlo, ma a
te sì l’ho detto e mi hai guardato male, come se venissi da un tempo che hai
rimosso e che non esiste più. “Ma no, ma cosa hai capito” mi hai sussurrato “son
bravate, è per farsi apprezzar dagli amici, come la sigaretta: lo facevo anche
io, per sentirmi grande ed era una stupidata, ma ci son passato come tanti
altri”.
E mi lasci senza parole anche quando ti dico che insomma le
avrai parlato, “ma di che cosa?” mi hai risposto candidamente, per poi
confidarmi che lei con te non ci parla tanto e che perché ti dedichi un po’
d’attenzione le devi regalare qualche cosa: un cd, un telefono, un motorino,
una vacanza. Col fidanzato.
Col fidanzato? A sedici anni?
Ma sì, cosa vuoi dirmi, mi hai risposto qui sì un po’
alterato, con il piglio di un tempo, che tu pensi che le ragazze oggi non… ? e
allora se lo fanno tanto meglio controllare…!
Come? Cedendo? Aiutando? Che poi, ragazzi e ragazze peri
sono, mica è diversa la storia.
Quando riprenderai a fare il padre? Quando ti assumerai le
tue responsabilità? Forse non l’hai mai fatto. Perso tra un pannolino da
cambiare e un viaggio alla sede centrale di Racine, Illinois, hai smarrito
sull’oceano quella rabbia che ti spingeva a vietare di vietare, e sulle
barricate con la forza ha smarrito anche il senso. E imbolsito dentro prima che
fuori, ti trovi a inseguire le tue figlie, che l’altra è piccola ma aspetta
solo qualche anno, per elemosinare l’affetto in cambio di una comprensione che
non è che abdicazione dai tuoi doveri.
Dammi retta, svegliati, riscopri dentro quello spirito
guerriero che ruggiva, e inizia a picchiare il tuo pungo sul tavolo per dire
no. E si pronto a spiegare perché neghi. Che ad accondiscendere non c’è bisogno
di dare ragioni.
Immaginati di avere di fronte me, la mia faccia di allora,
l’età era la stessa, e di urlare sul mio viso. Forse ritroverai il senno.
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