Articolo apparso su LaCroce quotidiano mercoledì 1 aprile 2015
Era la settimana santa di 715 anni fa, quando Dante
iniziò il suo viaggio per ritrovare la strada del cielo. Sono 750 anni dalla
nascita del sommo poeta quest’anno, proprio per questo definito anno dantesco,
e vale la pena interrogarsi sul poema che più di ogni altro spezza le vene dei
polsi squadernando il cielo e la Trinità dopo averci condotto per rima aspre e
chiocce a discendere fin nel Cocito del nostro cuore per riscaldarlo e
discernere il bene che vi possiamo trovare.
Vale la pena farci guidare in questo altro viaggio non da
ombra ma da donna certa, così certa che ha pensato bene di scrivere un nuovo
saggio sulla Commedia che ormai si dice Divina.
Elena Landoni Scotti, che insegna Letteratura italiana moderna all’Università Cattolica di
Milano, ha dato alle stampe “Or per
empierti bene ogni disio” (edizioni Universitas Studiorum) per raccontare
che in Dante fede e ragione si danno la mano come Nitsche e Marx nella canzone
di Venditti. Elena è coordinatrice di diversi progetti di ricerca sulla
letteratura italiana delle origini e dell’Ottocento, direttrice scientifica di
Convegni nazionali e internazionali, e ha tenuto lezioni anche nelle università
di Freiburg, Hannover, Leuven, Cracovia, Città del Messico.
Le ho chiesto innanzitutto se dopo oltre settecento anni
Dante sia ancora attuale e perché
Quando parliamo di
Dante pensiamo subito alla Commedia: e giustamente, perché se è vero che Dante
non è solo la Commedia, è anche vero che Dante non sarebbe quello che è senza
la Commedia. Perciò la sua attualità è prima di tutto quella della grande opera
d'arte, che sa parlare attraverso i secoli e le generazioni. Ma in questo caso
specifico c'è qualcosa di più: Dante è espressione grandiosa di una mentalità e
di una cultura radicalmente diverse da quelle attuali: addentrarsi nelle
ragioni di questa diversità ci aiuta a recuperare una parte della nostra
umanità che rischierebbe di perdersi, sommersa dall'invadenza dei criteri dell'attualità.
Sermonti, Nembrini: in che cosa la tua visione di Dante è
diversa dalla loro? che cosa aggiunge?
Non parlerei di
visione e soprattutto non aggiungo niente; anzi, io mi limito a prendere in
considerazione solo alcune
porzioni del testo. E’ semplicemente un altro tipo di approccio. Quello
che mi preme comunicare è la complessità della pagina dantesca, che sorprende
sempre per la capacità di attivare simultaneamente più livelli di senso: la
produzione di bellezza, la comprensione del sé, l’appartenenza al mondo
medievale, la filiazione dalla cultura classica, ecc. Noi invece siamo inclini
a sezionare l'offerta di significato in comparti, sforzandoci poi di renderli
comunicanti.
In che modo Dante può parlare alla nostra società?
Proprio perché
espressione di una società, e quindi di una mentalità, diversa, Dante può
aiutare la nostra, di società, a confrontarsi con uno sguardo sulla realtà che
oggi ci è diventato estraneo. Ti faccio solo alcuni esempi tra i molti
possibili. In cima al Purgatorio, Dante rivede Beatrice, che lo rimprovera in
modo durissimo per la sua infedeltà. L’idea di fedeltà che salta fuori da
questo dialogo non ha niente a che vedere col dovere (parola che infatti non si
trova nei paraggi), ma, al contrario, col piacere. Beatrice fa letteralmente, e
solamente, riferimento al proprio
corpo, che tanto era piaciuto all’innamorato. L’errore di Dante è posto nei
termini di un non-rispetto nei confronti di ciò che ha scelto lui stesso.
Il piacere è
strettamente connesso anche con la libertà, che è il perno intorno a cui ruota
tutta l’organizzazione dell’aldilà dantesco. Quando Virgilio abbandona Dante,
gli dice “ora prendi per guida il tuo libero arbitrio”. E’ incredibile, ma è
così. E Virgilio può dirglielo perché ha passato due terzi del viaggio a
educarlo a riconoscere ciò che è più conveniente per lui.
E’ lo stesso
meccanismo con cui un’anima smette di emendarsi nel Purgatorio, e decide di salire
al Paradiso. Nessuno le ha dato il permesso, nessuno glielo vieta: lo decide
lei liberamente.
La fede che Dante
disegna nella Commedia è il trionfo della libertà. E
della ragione: non per nulla anche su questo Dante avrebbe molto da dire alla
nostra società. Quando nel XXIV canto del Paradiso S.Pietro interroga Dante
sulla fede, gli chiede di rendere conto razionalmente di ogni minimo dettaglio.
Cerca addirittura di metterlo in difficoltà, perché non ha paura di niente.
Dante aderisce alla fede perché appaga in primo luogo il suo bisogno di
ragionevolezza.
Mi sembra che ci
sia parecchio da imparare.
In che modo l’opera di Dante è bella? Che cosa è bellezza
per Dante e per noi?
Ah, la bellezza.
Concetto per noi difficile da definire, mentre Dante sapeva bene che cos’è. Un
valore di serie A, tanto per cominciare, come la Verità o la Bontà. Qualcosa di
cui l’uomo ha perennemente nostalgia e che quindi sa riconoscere nella realtà.
Un’evidenza, insomma, ma che esige una corrispondenza da parte del singolo
individuo con la totalità di se stesso. E infatti per Dante e per la sua epoca
sarebbe fuorviante separare
nettamente il bello dal vero e dal buono. Forse la caratteristica principale
della bellezza in Dante è proprio questa: nel momento in cui ne afferma la
necessità come bene primario, ne implica l’individuazione sulla base di un
giudizio. Come l’amore.
Nella Commedia c’è un
itinerario che lega la bellezza, l’arte, l’amore, che nel libro cerco di
delineare. E che è estremamente affascinante.
Come mai Dante lo si riscopre e lo si ama dopo la scuola mentre negli
anni in cui lo si studia ci sembra decisamente noioso?
e) Credo per
l’ovvio motivo che la lettura scolastica è imposta, quella successiva è scelta.
Meno ovvio è pensare che la scuola, purtroppo, non sempre si preoccupa di dare
le motivazioni per affrontare la fatica di uno studio: Dante scrive nel
Trecento, in certi passaggi la sua lettura richiede la fatica della
comprensione linguistica e storica. Ma soprattutto temo che spesso Dante non
venga presentato come un interlocutore in grado di offrire squarci di
significato insospettati. Proprio ciò di cui gli studenti hanno maggiormente
bisogno.
Nembrini definisce Dante il poeta del desiderio: per te
che cosa è invece?
Nessun “invece”,
Nembrini ha ragione. L’area semantica del desiderio è frequentissima in Dante
(senza nemmeno pensarci, me la
sono ritrovata nel verso che dà il titolo al mio libro). Caso mai si può andare
avanti nella frase: Dante è il poeta del desiderio che trova la risposta. “Or
per empierti bene ogne disio”, appunto.
Come leggere Dante oggi? Ascoltarlo è forse meglio (anche
su Spotify c’è tutta la Divina Commedia letta da grandi interpreti!)?
Credo che la
lettura e l’ascolto mobilitino due tipi di attenzione diversi. Per esempio,
sono convinta che se il bravissimo Benigni fosse un lombardo, o un siciliano,
la parte della sua performance affidata alla lettura avrebbe avuto un effetto
diverso. Dante ha pensato la sua Commedia in toscano, l’italiano non esisteva
neppure. Certi effetti acustici che voleva ottenere, essenziali in poesia, sono
comunicabili solo attraverso la riproduzione di determinate aperture vocaliche,
o di fenomeni fonetici tipici del toscano, come il raddoppiamento
fonosintattico o la gorgia. L’ascolto però obbliga a correre dietro alla
successione lineare dei suoni, la lettura invece consente di fermarsi, di
tornare indietro, di rileggere: esattamente come suggerisce Dante, del resto.
E allora la lettura
di oggi deve essere consapevole, da una parte, delle indicazioni che l’autore
stesso dissemina lungo la sua opera: visto che si è premurato di fornirci un
libretto di istruzioni (lo riassumo in un capitolo), seguiamolo per far
funzionare al meglio l’oggetto che abbiamo tra le mani. Dall’altra deve mettere
in conto che la comprensione di quanto scritto implica la disponibilità ad
“uscire” dal sistema mentale attuale per avvicinarci a quello da cui l’opera è
germinata. Ma questo è un presupposto ineliminabile, benché talvolta rimosso,
per qualunque tipo di incontro.
Dante non è solo Commedia: che cosa non bisognerebbe
perdersi?
l) Per quanto mi
riguarda non ho dubbi: la Vita nova. Non solo perché è l’antecedente conclamato
della Commedia, e perché è un’opera narrativa conclusa e strutturata
dall’autore. Ma soprattutto perché è una storia d’amore che ci accompagna nel
cammino di conoscenza dell’amore. Tra gli opinion leader del tempo di Dante,
c’era chi sosteneva che un innamoramento non può lasciare indifferente il
destinatario del sentimento, e che quindi si può sperare in una sorta di
corresponsione quasi automatica. Altri dicevano che per innamorarsi occorre una
sorta di predisposizione, che l’eventuale intercettazione visiva della
fortunata (o fortunato) metterebbe in moto. Dante invece torna saldamente nella
realtà, ponendo la questione sul piano di un libero (come sempre) e
responsabile (come sempre) coinvolgimento con un “altro” da sé, da conoscere e
riconoscere, grazie all’aiuto della ragione e del giudizio, come strada maestra
per raggiungere la propria felicità. Non saprei spiegarlo meglio ai miei figli.
Poi succedono tante
cose che accadono in una storia d’amore: Dante non riesce mai a essere
disinvolto in presenza di Beatrice e si fa prendere in giro dalle amiche di lei
per la sua goffaggine; Beatrice gli nega il saluto perché lui ha guardato un
po’ troppo un’altra donna. E lui a disperarsi perché le cose, in questo amore
che ormai non si può più tenere nascosto, non vanno come vorrebbe. Finché
un’amica, a cui ha deciso di confidare le sue pene, un giorno gli chiede: “Ma
perché se la ami tanto continui a essere ripiegato su te stesso e concentrato
su quello che non hai?”.
Per Dante è una
folgorazione, e da quel momento la sua poesia non sarà più la stessa. In quel
frangente ha capito che in un rapporto affettivo la decisione di amare è
personale e inalienabile, che nemmeno i capricci e il disinteresse dell’amata possono
sottargliela. Ha realizzato una volta per tutte che è lui col suo amore a fare
di Beatrice ciò che lei significa per lui. Ed è un possesso, come dice
testualmente Dante, “che non gli può venire meno”.
Ho sentito una
volta una psicanalista dire durante una conferenza esattamente la stessa cosa.
Nessun commento:
Posta un commento