Alla fine la differenza è tutta qui: da una parte una
solitudine incrostata di capricci, dall’altra una gioia impregnata di limiti e
abbracciata da altri.
Non c’è terza soluzione.
Perché l’uomo è fatto così: ho scopre che la sua essenza è
relazionale, o finisce per essere preda delle sue voglie, che dapprima lo
illudono, promettendogli compagnia, per poi abbandonarlo ed irriderlo,
lasciandolo prostrato in una solitudine che è disperazione.
Non ci fosse la pratica quotidiana, l’esperienza, la
sofferenza di coloro che vediamo intorno noi a confermarcelo, ci sarebbe la
letteratura, secoli se non millenni di storia che raccontano questo: che
spiegano come la strada che porta ad un’apparente soddisfazione istantanea
delle proprie voglie, Non può che condurre al deserto.
Anzi sarebbe divertente scatenare questo gioco tra tutti
lettori: elencare proprio tutte le opere di fantasia, o forse potremmo dire
anche dei casi di cronaca vera, che raccontano di questa devastazione della
persona umana. Comincio io: Anna Karenina.
Ma perché succede questo? È un problema sociologico? È una
cattiva società che vuole fare del male a coloro che non vogliono adeguarsi
agli schemi precostituiti? È la reazione di reazionari difensori della famiglia
che discriminano ed emarginano coloro che vogliono uscire da questa gabbia?
Se volessimo provare a deporre le cecità della ideologia ci
renderemo conto, senza fare ricorso ad alcuna religione, che l’uomo non può
sussistere se non in relazione con altri.
Lo psicologo francese Maurice Nédoncelle nel suo saggio
Réciprocité des consciences spiega in maniera molto secca che l’uomo non può
vivere da solo: “aut duo aut nemo”. D’altra
parte che l’uomo fosse un animale sociale lo avevano scoperto anche i greci. E
se volete togliervi lo sfizio di leggere uno dei più bei saggi sul concetto di
amicizia non perdetevi I quattro amori di
C.S. Lewis.
Certo, poi coloro che credono nel Dio cristiano scoprono che
questo non è che il riverbero di quello che la divinità della quale appunto
credono: una relazione. Perché la Trinità è questo una famiglia come ha detto
Papa Giovanni Paolo II, non è una solitudine..
Ma questo non aiuta il discorso, e non vogliamo giocare
nessuna carta teologica perché inquinerebbe la bellezza della logica e della
natura delle cose.
L’uomo è relazione, lo sperimentiamo quotidianamente, la
solitudine può andarci bene per un po’ ma poi ci distrugge. Perché questo
grande successo dei social media
secondo voi? Se non perché nella dimensione sociale l’uomo trova se stesso?
Ma allora questo cosa vuol dire?
Vuol dire che La mia felicità sta dentro la relazione perché
è l’affermazione profondamente vera che io devo limitare il mio egoismo perché
soltanto nell’altruismo, cioè non riconoscermi dentro una relazione, quasi
nell’annullarmi dentro una relazione, io trovo la vera felicità. E nella
gratuita che trovò la felicità. E nella donazione che trovò la felicità. Toh, sarà
mica che alla fine trovo la felicità nella sottomissione? Nello stare sotto,
affondamento, nell’accoglienza.
Sarà mica che trovo la mia felicità nel cucinare per i miei cari come
lavorare per loro? Nello svegliarmi presto al mattino per portare i figli alla
partita di calcio di pallavolo?
Nello stare sveglio quando stanno male? Nelle gare cioè me stesso i miei desideri per mettermi a
disposizione degli altri e fare il loro bene? Perché coloro che la fine
affermano che devo lasciare tutto per farsi la loro vita, perché hanno diritto
alla loro vita, alla fine non sono
esattamente il più brillante spot della felicità.
I miei diritti sono dunque i diritti della relazione. Sono i
diritti della coppia, sono i diritti della famiglia, sono diritti di chi sta
insieme. Non i miei.
Se io sono la misura di ogni cosa i diritti sono soltanto
centrati sui miei capricci e il loro confine, sta nella frizione che
inevitabilmente si viene a creare con i diritti degli altri. La mia libertà
finisce dove comincia la tua: una delle più grandi menzogne manipolatori e che
siano mai state pronunciate. Comincia qui la fine della realtà per iniziare la
frottola del compromesso.
È proprioqui si vengono a scontrare le due “bestie” che vivono dentro l’uomo: vi ricordate i due cavalli di Platone? Che
se volete sono la spiegazione della natura ferita del peccato originale così
come ce la spiega in maniera impeccabile San Paolo. Ma di nuovo restiamo dentro
il territorio della ragione, senza farci aiutare dalla religione.
Ognuno di noi sperimenta una frattura, tra le proprie buone intenzioni i propri comportamenti:
banalmente lo vediamo anche nel tentativo di applicare una dieta, nello sforzo
per seguire un programma di allenamento fisico.
Quando questa tensione, quando la caduta nel lato oscuro della forza mette a
repentaglio ben più che i semplici elementi banali della nostra personale
esistenza, come può essere la nostra forma fisica ad’esempio, allora scende in
campo lo Stato che ha il dovere di curare….. già, ma che cosa il dovere di curare lo Stato?
Perché vedendo quello che capita oggi, quali sono le leggi
che cerca di imporci, sembrerebbe che anche lo Stato ha perso di vista il suo
compito che dovrebbe essere quello di tutelare il bene pubblico, anzi: . Che
sappiamo non essere la somma algebrica dei beni dei singoli, ma qualcosa di più
grande: qualcosa che riguarda la
società nella sua interezza. E
prima di tutti il futuro della società.
Già perché questa è la ragione ad esempio del
matrimonio, come spiegano
splendidamente
Sherif Girgis, Ryan T. Anderson, Robert P. George nel loro libro che proprio si intitola Che cosa è il matrimonio (ed. Vita e Pensiero).
Sherif Girgis, Ryan T. Anderson, Robert P. George nel loro libro che proprio si intitola Che cosa è il matrimonio (ed. Vita e Pensiero).
Per quale ragione uno Stato dovrebbe occuparsi della
relazione tra due persone se questa non avesse influenza sullo Stato stesso e
sul futuro della società? Perché non
regolamenta l’amicizia? Perché non
regolamenta lo spirito di squadra?
Perché non interviene Nelle relazioni tra i soci di una bocciofila? O
tra coloro che condividono un appartamento per risparmiare sulle spese? Perché interviene solo laddove all’interno
della relazione si esercita la
sessualità? Non sarà mica
perché alla sessualità è intrinsecamente connessa la generazione di una nuova
vita?
Lascio queste domande come stimolo alla vostra riflessione
per tornare al punto che abbiamo appena sollevato: che cosa sia il diritto perché e da dove nascano i diritti.
Ci siamo detti che sperimentiamo questa dualità tra
desiderio e azione, va bene male, tra cavallo alato bianco e stallone nero che
trascina verso il basso.
Ecco lo scopo del diritto così com’è stato pensato in tutti
secoli fin dai padri del diritto:
gli antichi romani.
Limitare l’egoismo del singolo e difendere i più deboli. Anticipo subito
le critiche possibili che sono giustificate dal fatto che nella storia molti
sono stati deboli esclusi dal diritto. Ma non perché il diritto fosse
sbagliato, ma semplicemente perché
il concetto di persona, cioè di essere vivente che fosse sufficientemente degno
per poter vedersi riconoscere i diritti del diritto, era limitato in funzione
di decisioni politiche e di credenze filosofiche. Gli schiavi non erano esclusi perché non ritenuti deboli, ma
perché non ritenuti persone.
Ma oggi il diritto non si pone più questo obiettivo: a
partire dal divorzio in poi, il primo momento in cui il legislatore ha rinunciato
ad applicare assicurazione per difendere il più debole e per limitare l’egoismo
personale, il diritto oggi sancisce soltanto la legittimità di un capriccio,
della volontà del singolo, del desiderio contro la realtà delle cose.
A guardarle bene sono tutte leggi ad personam: Nel senso che ormai non ci sicura più del bene della
società, O anche solo del bene della persona nella sua dimensione relazionale.
Ci si occupa soltanto del desiderio egoistico del singolo di avere, di essere,
di possedere, di rendere i propri capricci realtà concreta.
Altro compito per i lettori: Elencare tutte le leggi emanate
dal nostro Parlamento dal 1976 in poi che si configurano non come difesa del
debole e come limitazione dell’egoismo ma come esaltazione del capriccio del
singolo. Vediamo che ne tira fuori
di più.
Veniamo alla conclusione: se ciò che prevale è soltanto la
spinta all’individualismo sfrenato, alla soddisfazione di ogni desiderio perché
ogni desiderio è un diritto –nessuno ha mai provato a motivare in senso
razionale perché ci debba essere un diritto ad avere un figlio perché allora
non ci debba essere in diritto ad avere un marito/moglie o anche solo più
prosaicamente ad un compagno;
perché non ci dev’essere un diritto a poter correre una maratona vuole essere
assunto dall’azienda che desidero nel ruolo che voglio io- allora Se la società
che stiamo costruendo parte da questo terreno, È inevitabile che si finisca in
una società disperata e sola, Magari forse anche apparentemente sazia, come
diceva il cardinal Biffi, ma sciaguratamente disperata nella sua solitudine.
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