C’è che queste cose mi fanno salire subito il sangue alla
testa. Lo so dovrei fare mia quella famosa battuta che Renzo Montagnani
ripeteva spesso nei panni di don Libero Occupato “e son fumino io!”
cosa che appunto finiva per farlo chiamare dai suoi fedeli don Fumino ,
proprio per la sua scarsa pazienza.
Però devo dire che le provocazioni sono eccessive. E
soprattutto riguardano l’aspetto della razionalità, della coerenza, dell’onestà
intellettuale che sono quelle che mi feriscono di più.
Perché posso accettare tutto -beh non proprio tutto, devo
essere sincero- ma quello che più
di ogni altra cosa mi manda in bestia è questa incapacità di dimostrare
linearità di pensiero, di farsi affogare in un mare di emotivismo che finisce
per confondere la carità con il buonismo, la verità con l’opinione, e la fede
con una religione da scaffale, dal quale prelevare quello che mi fa comodo.
Prendi questa vicenda delle unioni civili, ma possiamo
risalire indietro a piacere fino al famoso referendum sul divorzio nel 1976:
trovi sempre un numero epsilon di cattolici adulti a piacere che ti dicono: io a queste cose credo, e non le pratico,
ma perché limitare gli altri? Perché imporle anche a chi non crede?
Vorrei svelare il meccanismo logico razionale che sta dietro
queste affermazioni perché è importante comprendere quali sia la fallacia
logica, la bestialità di ragionamento che sottende a un’affermazione di questo
genere, e che nega in profondità il valore della propria fede.
Per farlo parto da un esempio: ammettiamo di partecipare un
corso universitario di medicina e di sentirci dire da un luminare, dal massimo
esperto sull’argomento della lezione, che è bene non mangiare scaglie di amianto –sto facendo un
esempio paradossale proprio per essere più efficace- perché inevitabilmente
moriremmo.
Qual è quel pazzo che si sognerebbe di dire: “io credo a questo docente, e quindi non
mangio amianto, ma perché impedirlo a coloro che non credono in lui?”.
Questo il punto specie quando parliamo di una religione.
Dobbiamo chiederci che cos’è una religione. Dobbiamo chiederci che cos’è la
religione cristiana nella quale diciamo di credere.
Non è una sorta di galateo che vincola coloro che credono
che un certo tizio, vissuto grosso modo 2000 anni fa, che si faceva chiamare
Gesù e si autodefiniva il Messia, pretendendo di essere vero uomo e vero Dio,
ci ha lasciato in eredità attraverso la Chiesa e che contiene una serie di
indicazioni le quali debbono essere seguite da coloro che sono propensi a
credere che quell’uomo non fosse un millantatore, ma fosse realmente Dio.
Perché se ciò che c’è stato tramandato, attraverso le
Scritture e attraverso la Chiesa, fossero dei suggerimenti validi solo e
soltanto per coloro che credono in Lui, allora ci sarebbe da deridere questi
fedeli, dovremmo stracciarci le vesti e con umiliazione guardarci allo specchio
insultarci per quanto siamo creduloni!
Dovremmo seguire allora lo stesso metro: poiché nel decalogo
sta scritto “non rubare” e “non
uccidere” dovremmo pensare che questo sia valido solo per coloro che credono in
Dio, per tutti gli altri invece non sono norme vincolanti.
Non è questo la religione, non è questo la pretesa
cristiana, la quale si basa non su una rivelazione, ma addirittura sul
messaggio diretto di Dio che si è fatto Uomo per noi.
Platone aveva scritto che all’uomo e negata la conoscenza
delle leggi di Dio e che potrebbe conoscerle se e soltanto se Dio stesso
venisse sulla terra per spiegarcele.
Questo è quello che credono i cattolici: pacchetto completo, prendere o
lasciare. Non si può scegliere cosa portare a casa.
O mi fido di Dio o non mi fido non ci può essere una fiducia
metà.
Perché fidarsi di Dio che cosa vuol dire: vuol dire credere
che Lui ci ama tal punto da averci dato una serie di regole per il nostro bene,
per la nostra felicità, per la nostra salvezza. Qui e in cielo.
Un po’ come dire appunto: non mangiare amianto o morirai.
Ma questo vale per qualunque uomo, sia che si fidi di Dio
sia che non si fidi perché una verità in sé, questa è la pretesa del Dio
cristiano: che ciò che c’è stato
rivelato è il bene per l’uomo. Per ogni uomo.
Se non fosse così, se non fosse un bene assoluto per tutti
gli uomini, saremo dei disgraziati. Perché allora non vorrebbe per nulla
credere, anzi sarebbe esattamente
il contrario: sarebbe una presa in giro, una catena, un castigo sulla terra.
C’è qualcuno che scherzosamente dice che tutto ciò che è
piacere per l’uomo o fa male, o è peccato, o fa ingrassare. Infatti.
Dunque allora perché credere se quello che ci viene chiesto
di fare è la negazione di un piacere e non è un vantaggio per noi?
Se non è un vantaggio per tutti gli uomini, perché deve
esserlo per noi soltanto in virtù del fatto che riteniamo che il messaggio che
Gesù ci ha dato sia quello di Dio?
Ma se lo è, perché ci rifiutiamo di aiutare i nostri
fratelli a comprenderlo? Perché non ci battiamo per loro?
Perché non chiediamo allo Stato di proteggerli?
Perché questo il compito dello Stato, questo il compito
delle leggi: proteggere il bene comune e proteggere ogni singolo cittadino.
Certo se il diritto avesse mantenuto il suo senso delle
origini, Ma come ha spiegato mirabilmente Fabio Bartoli in una sua omelia di
qualche tempo fa, il diritto è morto nel 1976.
Qual è infatti il compito del diritto? Il diritto nasce –con
i Romani, prima di Cristo- per limitare l’egoismo del singolo –e quindi qui si
riconosce in qualche modo l’esistenza del peccato originale che è la tendenza a
privilegiare se stesso rispetto agli altri in modo disordinato- e proteggere il
più debole.
La strada che il diritto ha preso dal 1976, della legge sul
divorzio, è invece quello di esaltare l’egoismo del singolo, i suoi capricci,
fregandosene totalmente del più debole. Un esempio di questi giorni? Non
soltanto il famigerato ddl Cirrinà di cui tanto si parla, ma anche il tentativo
di sottrarre la pensione di reversibilità, che è nata come strumento per
difendere le vedove dalla povertà assoluta.
Le leggi dello Stato dovrebbero quindi aiutare tutti
proteggendoli dal male, sia coloro
che credono nello Stato, sia coloro che si riconoscono nel governo al potere,
sia coloro che non si riconoscono. Se applicassimo il medesimo criterio di
questi cattolici adulti –vale per me ma non per loro- allora potremmo dire che questa tassa non la pago perché non
ci credo, che questa norma non la seguo perché non ci credo, che quella legge
la ignoro perché non mi riconosco nel governo al potere.
Qui in discussione il concetto di bene assoluto, e di come la religione, ogni
religione, sia sostanzialmente
questo: l’interpretazione del senso della persone e del suo destino e la
spiegazione di come la persona possa ottenere la felicità in questo e
nell’altro mondo.
Non è una norma di bon-ton, non è un galateo per
iniziati, non è la proposta a
un’élite, Non è il programma di un personal trainer rivolto solo a coloro che
vogliono dimagrire, sviluppare i muscoli delle braccia, correre una maratona.
È il progetto per la vita.
Quindi trovo demenziale, trovo assurdo da un punto di vista
logico, trovo completamente al di fuori il concetto stesso di fede affermare
che certe norme, che la Chiesa propone rifacendosi al messaggio di Cristo,
debbano essere valide solo per i credenti.
Non soltanto questo lo trovo aberrante per ciò che ho detto
sopra, Ma anche perché se così fosse io non potrei credere in un Dio che
massacra coloro che credono in Lui con carichi inaccettabili, andando contro la
loro natura, e che lascia liberi tutti gli altri di fare quello che vogliono
semplicemente perché non si fidano della sua parola.
Il caso è molto semplice, non voglio adesso rifarmi alla
scommessa di Pascal, In verità è tutto lì:
- o Dio esiste e quello che mi propone e il mio vero bene che
io magari non riesco ad accettare a comprendere perché sono travolto e dal
peccato.
- oppure non esiste, è un’invenzione dell’uomo, e allora, come diceva Dostoevskij, tutto
è lecito.
Non esistono vie di mezzo.
il cristianesimo non è un compromesso, o con me o contro di me, e per chi crede quell'essere contro di me è devastante, lo sappiamo, è una lotta tra il male e il bene, è una scelta perenne, una proiezione di noi stessi verso l'altro, è quasi una contraddizione a volte, il mio parroco in un momento buio per me mi disse di stare tranquilla e di pensare sempre che Dio ci vuole solo vedere felici, il problema è accettare quale felicità Dio vuole per me e quale voglio io, è un cammino lungo ma sto arrivando a credere davvero che mi sento serena e in pace solo quando so che seguo le leggi di Dio, è una lotta quotidiana, ma riusciamo ad andare verso gli altri e dire questo solo quando ne siamo consapevoli per la nostra vita, quando possiamo essere testimoni credibili.
RispondiEliminaHo sentito dire che la Fede è un dono, penso di sì, se crediamo che c'è un Dio che ce l'ha donata, a noi la scelta di accettarla e poi di curarla, proteggerla, farla crescere e farla scegliere nella nostra vita.
lella
Il cristianesimo non è mai contro le persone, ma è contro ciò che fa male all'uomo. Gesù nei Vangeli è sempre accogliente con chiunque, ma sempre intransigente contro gli errori. Sempre e in molto molto forte.
EliminaPer Lui è facile tenere in equilibrio la famosa bilancia paolina: veritates facientes in caritate. Per noi no. È una lotta devastante, istante per istante.
Chiunque non riesce a mantenere l'equilibrio fa danno, fa danni tragici dalle conseguenze terribili.
Io credo che spiegare che cosa sia la fede sia necessario. E questo buonismo dilagante che sta dentro la follia del "che male fa a te?" oppure "ma lui è libero" è sopratutto codardia, ignoranza e pavidità.