S’annusassi gli odori aspri e chiocci, come si converrebbe al dolce andare, sovra ‘l qual benedizione fiocci, io riempirei di tal profumi il mare, più pienamente; ma perch’io non l’abbo, non sanza temer provo a raccontare; che non è impresa da pigliar a gabbo, descriver fondo d’ogni cuor e col verso, da nonni fin chi chiami mamma e babbo.
E se mi son permesso di copiare Dante, è per raccontar del nostro andare dolce, di casa in casa, nella visita natalizia, che più chi viagga che chi resta e aspetta, è colui che impara, non tristo, ma lieto e quieto.
Se poi poesia m’ha rubato la tastiera, che guida le dita com’io non saprei fare,con stile aulico e dantesco, per rider di me come si convien a chi pretende di scrutare i cuori, sarà perché dell’animo altrui parlar si può soltanto per rime, e colore e frequenze alte.
Paulo majora canamus oggi qui, che diverse lingue, piangibili favelle, parole di dolore, accenti d’oro, voci alte, e fioche, e battiti d’ali e di speranza, devo raccontare di questo viaggio che di soglia in soglia c’ha menato dove il sole s’acquieta e un poco posa, spalancando gabbie ai pensieri e a ciò che dentro il cuore s’annida.
Perché nel mondo d’oggi, che si vuol sociale e invece finge, è più solitudine che folla ciò che racchiude molti tra noi.
Così, quando porta dischiude per un soffio, come rapida breccia che il mare richiude rapida, come a proteggere una intimità gelosa che solo per poco si svela per poi, pudica, negarsi, come vento che sfiora e s’impregna, irrompe la vita e si mescola, si intreccia e poi stupita e confusa, quasi orgogliosamente vergognosa, si ritrae e disserra l’abbraccio, si svincola, strattona, richiude.
Ma non senza lasciare traccia che come abbiamo appreso dai vari CSI televisivi, c’è sempre uno scambio, un dono, che scheggia e ferisce, che lascia orma, graffio, cicatrice.
Così vedi e intuisci: il dolore, la quotidianità dell’handicap, la solitudine della vedovanza, quella della separazione, quella dell’introvabilità. Ti accarezza, si sporge, prova a dire, poi, accenna, e si ritrae: ma fa trapelare negli occhi umidi una Natale che per la prima volta parla di assenza, dopo una infinita sequenza di vita assieme. E altrove la quiete allegra di una nuova presenza, che si fa notare con pianti e urli così carichi di vita.
Ci inseguono lungo le scale: siamo arrivati solo adesso, passate anche da noi. E questa ricerca di un senso, ti fa sentire davvero busta, che non sei tu quello che vogliono, ma il messaggio che porti loro, e che anche per poco, dischiude e rivela il riflesso della solarità.
E come sempre, coloro che partono per portare doni, sono coloro che tornano arricchiti con gli interessi.
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