Quando i cinquant’anni sono stati raggiunti e superati con la velocità del suono di una sirena arrabbiata, tre sono le possibilità che rimangono all’uomo che non vuole rimanere ad attendere l’impatto indifeso e inconsapevole: farsi l’amante, farsi una macchina rossa, scrivere un blog. Dato che mi state leggendo (davvero? Mi state davvero leggendo?) avete compreso che ho scartato le prime due ipotesi. E per scelta volontaria e creduta, non certo forzata.

Ma che cosa e perché scrivere? Condividere, o l’illusione di farlo, aiuta spesso a sentirsi in compagnia di fronte alla piccole battaglie della vita: quelle grandi, si sa, le si può affrontare solo in compagnia di se stessi, senza nessuno scudiero o cavaliere al proprio fianco.

La prima delle sfide e quella che affettuosamente potremmo definire di san Giuseppe, che di fatto nomino mio speciale e personale protettore confidando sulla sua ironia e bonomia. In che cosa consiste questa sindrome? Nel sentirsi ovviamente il più imperfetto della famiglia dovendone invece apparire la guida salda. Non che con questo voglia affidarmi a una melliflua umiltà fasulla, l’autocompiacimento di sentirsi negare la denigrazione e gustare così una vanitosa ricompensa per la propria maliziosa modestia. Affatto. Lauto compiacimento può derivare solo dalla concretezza. Non che non sia vanitoso, tutt’altro: la vanità è sempre in agguato, come ben sa il diavolo impersonato da Al Pacino nel mondo degli avvocati.
Gli è che essendo proprio vanitoso e anche intelligente, so bene che l’ambizioso deve attingere a piene mani all’umiltà: per crescere, ambizione che può essere anche nobile e saggia, bisogna capire dove migliorare. E per capirlo non c’è che l’umiltà.
L’ambizioso vanesio e superbo farà una brutta e rapida fine.

Quindi qui sto: con una moglie tendente alla perfezione, pur con difetti marginali che provocano in me tanto irritazioni quanto ammirazione per la loro trascurabile banalità; con tre figli che, come recitano brutti film, hanno preso maggiormente da me i difetti, e quindi non posso accusarli di una eredità che ho trasmesso loro; con un lavoro che amo e che ogni mese mi sfida sempre di più, aiutandomi a non fare mai mia la sicurezza.
Di che scrivere dunque?

Della precarietà, della inadeguatezza che mi rende comico a me stesso, specchio delle cose che ho appreso e che rivedo, con squarciante veridicità, nel mio quotidiano.

mercoledì 28 dicembre 2011

Uomini che imparano dalle donne


Lampi di blog: le ristampe della prima stagione






Mia moglie ha scoperto questo blog. E questo crea dei problemi. Per via del principio di Heisenberg. Già perché c’è un collegamento diretto tra le leggi della fisica e quelle della vita. Prendete la legge dei gas: tendono ad occupare tutto il volume dell’oggetto che li contiene: come le riunioni, come le parole delle signore in un gruppo, come la vanità di uomo…. Che cosa dice questo Heisenberg: che non è possibile determinare contemporaneamente posizione e velocità di un elettrone. Vale a dire che l’osservazione influenza l’osservato. Se io non sono più io ma in blog… tutto cambia… ce la caveremo.
Cena con i controfiocchi questa sera, un clima da Famiglia Benvenuti –chi ha meno di cinquant’anni prego cercare su Google aggiungendo Enrico Maria Salerno, grazie- con i figli piacevolmente scatenati. Tra un “non sei una minoranza etnica” e “ma se il rifugio Mantova è della città di Mantova, allora il rifugio Quintino Sella? Dov’è la città Quintino Sella!” “Non è una città! E’ una via!”. Abbiamo scoperto che i concorrenti della gara di freerider sciavano scianti, vale a dire impavidi. E che quindi sciantècler vuol dire calmo e chiaro.
C’è da imparare molto ad ascoltare una donna che parla: così la serata di Lugano è stata molto più istruttiva di quanto non pensassi. E non perché a parlare c’era la mia signora, si intende. Perché questa storia del servizio che deve servire non è così banale per un uomo, che l’hanno abituato da bambino a farsi servire perché la sua missione è fuori casa. E poi questa roba gli resta. Non la si cambia facilmente. Se poi ci mettete tra gli ingredienti che le donne fanno una gran fatica a trovare il confine tra “lo faccio per amore” e “ma per chi mi ha preso, una donna di servizio?”, e quindi molto spesso si trovano all’improvviso nell’area colf senza aver dato, non dico i trentagiorni, ma neppure  il minimo segno di preavviso capite che la miscela può diventare esplosiva. Così c’è davvero materia per drizzare le antenne e diventare…. creativi? Non ce n’è bisogno, basta essere buoni osservatori. E accorgersi, compito ardimentosissimo per un uomo, che c’è poesia e passione anche nel buttare la spazzatura, svuotare la lavastoviglie, sbottonare le camicie prima di deporle nell’apposito cestello, magari anche rigirare le calze (gesto questo da vero house lover), ripiegare il tovagliolo, mettere a posto la scala dopo l’uso e così via (se volete vi fornisco elenco completo a prezzi stracciati da vero amico). E che, anche se fanno finta di non accorgersene, le nostre care signore, ma anche le figlie, lo notano e lo apprezzano più di un mazzo di fiori. Che ne dite signore, non è così? (segue ovviamente, mica si impara così poco!)   

2 commenti:

  1. Meno male che qualcuno se ne accorge! E' proprio così... lo facciamo con amore fino a che non viene preteso o sottovalutato. A me è successo proprio il 26 di sentirmi una colf non pagata. Non potete immaginare come ci si sta male. Non fate regali ma imparate a donare voi stessi e a fare qualche piccolo sacrificio per noi per mostrare che ci capite veramente, non siamo sempre e solo noi quelle che devono sopportare il mondo maschile senza pretendere un minimo cambiamento. Un saluto di fine anno ;-)

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  2. Grazie perché ci siete e siete così dolci e comprensive!

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