Facebook è un mondo strano: (ne abbiamo già parlato qui) stai lì a meditare un post
di quelli che vorresti diventassero targhe sulle facciate delle piazze, chessò un
castigat ridendo mores o un sic transit gloria mundi, insomma quegli
aforismi epici che vengono tramandati di generazione in generazione e magari ci
riesci anche e non ti si fila nessuno.
Poi ti passa per la testa una, per dirla con Fantozzi,
“cagata pazzesca” e sollevi una ola di “mi piace”.
Così sulla bacheca di un gruppo amico scopro una
discussione affascinante dove si vuol fare le pulci alla padrona di casa, che
dell’autoironia e del servizio ha fatto il proprio stile, redarguendola con
sommessa severità perché invece di accozzarsi alla figlia (nel senso di starle
incollata come cozza allo scoglio) si concede un intervento all’aula Nervi in
presenza di Nonno Benedetto XVI per testimoniare fede e famiglia.
Ma il bello deve ancora venire: al moderato commento
di chi fa notare all’incauta moralizzatrice che stare in famiglia non consiste
nel vivere in simbiosi come attinia e bernardo (paguro) si scatena la diga. E
con simili parole, se non proprio queste, il nuovo tentativo di ragionamento
viene così demolito: “Noi vogliamo essere
uno sempre in ogni cosa che si fa e si vive. Certo durante la settimana c'è il
lavoro (lavora solo mio marito) e la scuola. Ma sabato e Domenica sempre
insieme... sempre... anche ai compleanni degli amichetti e alle cene di mamma e
papà. I miei figli hanno 9 e 7 anni chissà, forse da adolescenti non andremo
alle loro feste ma, per quanto possibile, prego affinché condivideremo la
maggior parte del nostro tempo”.
Ora, a parte il fatto che li aspetto a Filippi questi
che vogliono andare alle feste dei figli adolescenti (modo migliore per
trasformarli in aspirati pietromaso), e il fatto che la preghiera finale mi
sembra più una maledizione da strega alla festa della belladormentata “d’ora in
poi starete sempre sempre insieme!” ciò che mi ha divertito è sorpreso è che,
essendomi io concesso un commento con un pH inferiore a 7, anche se non di
molto, ho prodotto una valanga.
Volendo intervenire con garbo e
delicatezza, ho tirato fuori dal fodero l’ascia bipenne e ho scritto “beh per
la verità sempre sempre insieme sembra più una condanna che un
piacere...” ottenendo in cambio del mio ardire un numero impressionante di “mi
piace” tale da farmi prendere in esame l’idea di entrare in politica e
candidarmi come premier alla guida del movimento 5 pollici alzati, tra l’altro
con un effetto long seller che continua ancora oggi settimane dopo la
pubblicazione.
Credo di avere inavvertitamente sbottigliato due
elementi.
Primo: non se ne può più di questi moralizzatori da
Facebook che non capiscono un acca di ciò di cui si sta parlando, non capiscono
le persone e non le conoscono, confondono domande retoriche con quesiti
esistenziali rivolti a loro direttamente (vedi
post sul tema) e rispondono con la sicumera di chi si attende di vedersi
assegnare di lì a poco per acclamazione popolare il Nobel in Tuttologia
comparata per il bene dell’umanità.
Secondo: non se ne può neanche più degli eccessi. Se è
vero che la famiglia va sostenuta e privilegiata è anche vero che non può
essere un buco nero che attrae e devasta le vite personali per triturarle in un
ciccino-ciccina che sputacchia fuori l’amore in tempi rapidissimi.
Ciò detto senza offesa alcuna per la persona in
questione, della quale non ricordo né nome né icona: come sempre mi preme
risalire dal particolare al generale, dal caso alla radice perché convien
parlare di macrotemi più che lanciar anatemi al singolo.
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