La
vita definisce ciò che vogliamo sia vero. E buono.
Riprendo
quello che avevo scritto qualche post fa per approfondire.
Viviamo in un mondo
imprigionato dal soggettivismo, da quella patologia della verità che sposta il
baricentro dal reale al percepito e lo incatena all’esperienza soggettiva, che
tutti riconoscono cattiva maestra tranne quando parla per noi e sembra segnare
il confine tra bene –tutto ciò che facciamo- e male –ciò che ci dà fastidio
degli altri.
L’uomo detesta il male e
per compierlo si illude che sia bene: per questo odia il giusto, perché non fa
sconti, innanzitutto a se stesso ma poi, per la proprietà transitiva, neppure
agli altri. Meglio dunque tendergli insidie.
Te
ne rendi conto sempre di più. Traspare dai post dei social media, dalle battute
sul tram, dalle occhiate alla macchinetta del caffè: per pretenderci buoni
sempre siamo costretti ad essere sempre più lupi per gli altri uomini, perché
questa rincorsa ad essere dei, capaci di definire cosa sia il bene –e quindi
cosa sia il male- senza bisogno di oggettività, questa ribellione che ci spinge ad affermare che non abbiamo
bisogno di un Padre comune, lungi da renderci più fratelli chi costringe, per
natura, per la legge della causalità, ad essere feroci predatori delle vite
altrui, giudici crudeli e parziali, boia implacabili e sadici.
La
tolleranza è una illusione e la convivenza di idee diverse una manipolazione
della ragione, prima ancore che delle coscienze.
Ma
la violenza con cui mi ci sono scontrato con la miseria umana, quella che
induce e impone misericordia, mi ha destato la voglia di scrivere. Che quando
rilanci un decalogo che suggerisce come rendere quotidiano e concreto l’amore,
ecco che svegli la bestia in chi non è riuscito a viverlo e che si sente
bruciare dentro.
E
la valanga di insulti e pretese, che un amore pulito, reciproco, felice, che
unisca un uomo ed una donna in una vita senza fine di reciproco servizio e
soddisfazione non può esistere per definizione, mostra solo la fragilità di una
vita devastata. Ti scrive che sei cattivo e maligno a far balenare la
possibilità che un amore dolce esista, perché induci a false aspettative che
genereranno solo disperazione, che –lei lo sa bene- l’amore è solo finzione,
non è realtà. Non è nemmeno possibilità. E il tono si inasprisce, sale, diventa
urlo, violenza, ingiuria.
Perché
incapaci di immaginare una realtà che ci sovrasti, non riusciamo più a chiedere
scusa nemmeno a noi stessi, negandoci la possibilità di errore o anche solo di
sfortuna. E per sentirci uguali a tutti preferiamo trascinare tutto giù, nell’abisso,
invece che cercare quella luce che ci dimostra diversi, ma tutti ugualmente
amati.
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