Quando i cinquant’anni sono stati raggiunti e superati con la velocità del suono di una sirena arrabbiata, tre sono le possibilità che rimangono all’uomo che non vuole rimanere ad attendere l’impatto indifeso e inconsapevole: farsi l’amante, farsi una macchina rossa, scrivere un blog. Dato che mi state leggendo (davvero? Mi state davvero leggendo?) avete compreso che ho scartato le prime due ipotesi. E per scelta volontaria e creduta, non certo forzata.

Ma che cosa e perché scrivere? Condividere, o l’illusione di farlo, aiuta spesso a sentirsi in compagnia di fronte alla piccole battaglie della vita: quelle grandi, si sa, le si può affrontare solo in compagnia di se stessi, senza nessuno scudiero o cavaliere al proprio fianco.

La prima delle sfide e quella che affettuosamente potremmo definire di san Giuseppe, che di fatto nomino mio speciale e personale protettore confidando sulla sua ironia e bonomia. In che cosa consiste questa sindrome? Nel sentirsi ovviamente il più imperfetto della famiglia dovendone invece apparire la guida salda. Non che con questo voglia affidarmi a una melliflua umiltà fasulla, l’autocompiacimento di sentirsi negare la denigrazione e gustare così una vanitosa ricompensa per la propria maliziosa modestia. Affatto. Lauto compiacimento può derivare solo dalla concretezza. Non che non sia vanitoso, tutt’altro: la vanità è sempre in agguato, come ben sa il diavolo impersonato da Al Pacino nel mondo degli avvocati.
Gli è che essendo proprio vanitoso e anche intelligente, so bene che l’ambizioso deve attingere a piene mani all’umiltà: per crescere, ambizione che può essere anche nobile e saggia, bisogna capire dove migliorare. E per capirlo non c’è che l’umiltà.
L’ambizioso vanesio e superbo farà una brutta e rapida fine.

Quindi qui sto: con una moglie tendente alla perfezione, pur con difetti marginali che provocano in me tanto irritazioni quanto ammirazione per la loro trascurabile banalità; con tre figli che, come recitano brutti film, hanno preso maggiormente da me i difetti, e quindi non posso accusarli di una eredità che ho trasmesso loro; con un lavoro che amo e che ogni mese mi sfida sempre di più, aiutandomi a non fare mai mia la sicurezza.
Di che scrivere dunque?

Della precarietà, della inadeguatezza che mi rende comico a me stesso, specchio delle cose che ho appreso e che rivedo, con squarciante veridicità, nel mio quotidiano.

sabato 21 aprile 2012

La verticalità della vita

prossimo post lunedì 23 aprile





Uno dei lati più squisiti della vita è questa possibilità di trovare  umorismo, e con esso sorriso e profondità, in ogni circostanza, anche nelle più banali, effimere e sdrucite. Ci vuole uno sguardo lucido per riportarcele davanti e spiegarle in tutta la loro forza. Leggo su un blog della disavventura di una appassionata di montagna che cerca invano di farsi capire dall’edicolante occasionale. Sta cercando Vertical, rivista dell’ascensione. L’incauto venditore, che non capisce –non solo il titolo, ma molte altre cose, e perde l’occasione- le propone improbabili riviste di enigmistica. C’è da riflettere. Notare ad esempio che cosa evoca la verticalità nel mondo di oggi: più che slanci mistici (poteva essere anche una rivista di teologia o di filosofia) modestamente solo l'orizzontalità degli incroci. Come se ormai la nostra aspirazione di elevarsi fosse drammaticamente incatenata alla piattezza di orizzonti orizzontali, che nascondono enigmi da svelare lettere dopo lettera, ma solo per avere un po' più di chiarezza sulla piatta tavola in bianco e nero. Non per riuscire a leggere nella trama della vita, quello schema in trasparenza che rivela senza svelare troppo, per non estirpare alla radice la libertà di ognuno di noi.

3 commenti:

  1. Osservazioni estremamente tristi, ma vere. La fretta, la superficialità, il non ascolto, stanno diventando abitudini di vita su cui è meglio scherzare... chissà, magari ciascuno nella propria solitudine riesce a entrare più in profondità, quando non è costretto a portare le solite maschere che la vita sembra imporre per sopravvivere.
    Un caro saluto.

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  2. Grazie Violetta, come stai? qui massima pressione, positiva si intende... ma sempre poco tempo... un salutone a te e vagabonda

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  3. A parte un po' di fiacca stagionale e depressione altalenante, abbastanza bene, ma purtroppo presa da problemi di lavoro non ancora risolti. Quando puoi passa a salutarci nei nostri rispettivi blog, sai che ci fa sempre piacere...

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