Settantasette e
novanta.
Chilogrammi i
primi, i secondo centimetri: peso e girovita.
Per dare feedback
bisogna fare benchmark: segnatevi dunque
otto, ottantotto,
centootto.
Vale a dire otto
mesi fa pesavo ottantotto chili e il mio addome misurava centootto centimetri.
Ma non vi voglio parlare di un calo di undici chili e diciotto centimetri. Che fai presto a dire che va tutto
bene. Vogliamo parlare dei vestiti che adesso mi fanno sembrare un adolescente
con le fregole e i pantaloni di cavallo basso? O la cintura che, unica
salvezza, ha dovuto farsi sforacchiare due o tre volte per non doverci fare il
nodo? O la scommessa persa, che 77 chili l’ultima volta li pesavo che non avevo
ancora diciotto anni? (nota: mentre scrivo, altri sei mesi dopo questo post, i
chili sono diventati 73 e i centimetri settantacinque, la taglia 50)
Voglio parlare di
mia moglie e della forza del matrimonio. Perché è come un turbine che accarezza
la vita e le fa voltare lo sguardo. Andò così. All’approssimarsi del
quarantanovesimo compleanno (segnatevi la data: 11 agosto, leone, il prossimo
-2010- come sapete fanno cinquanta), rammollito in un senso di stanco
compiacimento, o meglio di compiaciuta stanchezza, impigrito su una sedia a
sfogliare sotto il sole fresco di montagna un non meglio precisato romanzo, fu
colto da una improvvisa uggia, come pioggia acida, che colasse giù ruspante e
irritata da nuvole brevi e sorprese, alzai lo sguardo dalle pagine, per
sentirmi come un animo tormentato, per superbia si intende e voglia di stupire,
quasi come posseduto dal giovane
Werther, ed esclamai: “mi sento invecchiare”. Così, per farmi coccolare,
non perché lo pensassi realmente, non perché soprattutto potessi lamentarmene.
Gli uomini sono così: ad un tratto scoprono un anima dolce, quando è ferita, e
senza preavviso, si lasciano controllare da una malinconia tenue, come la luce
che si spegne al tramonto su mare, per un improvviso bisogno, fisico, di
carezze.
Ma quali carezze!
deve aver pensato la mia saggia signora, qui ci vuole uno schiaffone di quelli
che, come dicevano le madri di un tempo, ti stampa le cinque dite sulla guancia
e ti fa girare per tre giorni la faccia. Per pudore, mio si intende – non suo,
taccio le parole dette: cadere nudo in un prato di ortiche sarebbe stato meno
pungente. Ma la signora conosce i suoi polli. E sa che per ottenere quello che
a me serve, non è con la strategia moncherie ma con quella fullmetaljacket che
bisogna agire.
E così, provocato
sul lato della sfida, è iniziata la lotta con pancia, fianchi e fiato, che in
meno di otto mesi mi ha condotto a questo risultato, neanche il mio peso fosse
il Nasdaq dell’inverno 2008-2009. Precipitato!
Ora che senso ha
tutto questo? Prendete nota:
1)
a che cosa serve il matrimonio se non ad
aiutarsi, nelle piccole come nelle gradi sfide della vita?
2)
Anche gli uomini possono migliorare: se c’è una
donna che si fida di loro e li sa indirizzare,
3)
amarsi significa conoscersi al punto da parlare
con le parole dell’altro,
4)
la vita, insieme, la si può affrontare a testa
alta, sempre, comunque, con il sole in fronte, ma se si è da soli, tutto sembra
grigio e depresso
5)
conoscete mica un sarto che possa darmi una mano
con gli abiti?
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