“E poi quando te
la metti?”
Questa frase
rivolta da una moglie al marito e avente per oggetto una maglia dell’Inter che
il poveruomo cercava di comperare, dimostra la profondità dell’incomprensione
tra i sessi e la ancora più profonda frattura che tiene separati due mondi.
Tutto questo
affermato, nel caso fosse complesso comprenderlo, all’interno del tono
umoristico e autoironico che caratterizza queste righe.
Perché diciamolo:
che cosa cerca un uomo in una maglia? Perché comperare un capo d’abbigliamento
onestamente inutilizzabile, se non nelle sere calcistiche a bordo divano con
altri tifosi come lui agghindati?
Una maglia è
appartenenza, è dimostrazione laica di una fede sportiva che sta dentro
radicata (impossibile cambiare la squadra del cuore una volta raggiunta la
coscienza di sé stessi: mio nonno paterno, milanista come mio padre, mi
prendeva in giro mostrando delle mie fotografie a due anni nelle quali
indossavo i colori rossoneri.
Ribattevo
facendogli notare che nelle foto dell’anno seguente, alla soglia della capacità
di intende e volere, già vestivo il nerazzurro). L’appartenenza ai colori è
sicurezza, è sguardo al futuro quanto alla tradizione, è sentirsi parte di un
tutto che trascina con sé gioie e sofferenze, come la vita. Indossare una
maglia è tutto questo: val più il nome Milito o Zanetti (personalmente
sceglierei la seconda) che la firma Ferragamo o Blahnick su un capo che non
dice nulla se non l’effimera transitorietà che lo contraddistingue. Perché una
maglia non passa di moda, neppure quando il nome è da cambiare: perché c’è
stato un momento in cui Ronaldo è stato il simbolo di quei colori. Non è più
oggetto da saldo di fine stagione o capo dismesso. E’ storia.
Le donne invece
sono pragmatiche: che te ne fai? Quest’anno è già finito e magari il prossimo
sarà un disastro (facciamo le corna e tocchiamo ferro. Ho detto ferro…) e poi
quando mai la puoi mettere? Mica alla serata della scuola. O all’uscita con gli
amici. Al massimo quando da solo guardi le partite. E allora spendere questi
soldi per una maglia che non si può sfoggiare… che serve?
Credo che le donne
siano non solo più pragmatiche ma anche più individualiste, nella loro
consorteria solidale. Noi saremo anche competitivi, ma lo spirito di squadra
dentro ci rugge. E con esso quello dell’appartenenza ai colori. Mah. Che ne
dite?
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