Se
lo shopping fa tremare ogni uomo, il momento della cassa può creare ansie
profonde, che neanche Freud saprebbe collegarle con la sessualità prenatale.
Già
il carrello per noi è una estensione del corpo, che non lo molliamo neppure se
ci sparano, causando spesso ingorghi da raccordo anulare, incapaci di
abbandonarlo a decine di metri di distanza come fanno le donne mentre
perlustrano come scout le corsie del super alla ricerca di esperimenti da
propinare in famiglia.
Ma
la cassa. Lì è il momento della verità.
Perché
non appena si inizia la coda, la donna che è con te –che sia moglie o figlia-
si ricorda che ha dimenticato qualche cosa.
E
ti abbandona lì, solo, con il nastro, la spesa, e la coda dietro di te che ti
sembra un mostro preistorico pronto a divorarti. I secondi allora scorrono
lenti, come prima di una esecuzione capitale: e tu che sei lì teso come un
condannato, continui a ruotare lo sguardo su tre punti in sequenza: la cassa,
dove i clienti prima di te sembrano scivolare via con una velocità impossibile;
la coda dietro di te dove sembra che tutti ti aspettino al varco per dirti: “e
adesso che cosa fai bello?”; il supermercato da dove speri che come un deus ex
machina emerga lei, trionfante, con in mano ciò che sembrava così importante da
doverti abbandonare lì, solo, tra i lupi.
E
come un thriller, quelli in cui tutto succede all’ultimo minuto, proprio mentre
la cassiera sta dando il resto al cliente prima di te e tu già ti disperi e ti
tormenti, eccola che arriva, fende la folla con una grazia virginea, depone sul
nastro il prezioso bene, distorce il volto sin lì armonioso e sorridente in una
smorfia sarcastica per dirti “visto? Te l’avevo detto! Uomo di poca fede!”.
Che
sia un incubo diffuso nell’immaginario maschile, lo conferma uno scambio di
battute su Facebook dal quali estraggo queste due chicche. Senza bisogno di
chiarire se siano voci maschili o femminili.
A me
succedeva anche da piccolo. Mia madre mi lasciava alla cassa, calcolando il
tempo che aveva ancora a disposizione sul tempo stimato dei clienti in fila e
io ero abbandonato alla vigilanza del carrello. Non gliel'ho mai detto ma quei
minuti passati da solo nel TERRORE che lei non tornasse in tempo sono stati il
mio trauma infantile e ancora oggi ho degli incubi di quel genere, ogni tanto
Un marito
e due figli maschi: da anni ho imparato che il genere maschile è assolutamente
INCOMPATIBILE CON UN SUPERMERCATO. Quando ancora mi fidavo, a casa arrivavano
buste di tutto tranne quello che serviva e che era sulla lista.
Che dire....tutto vero! Ma senza un trauma infantile che infanzia sarebbe? E meglio il trauma da attesa alle casse che altri.....
RispondiEliminaProprio così....
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