Ma che ne sapete voi dell’amore! Mica dove andare a cercarlo
nelle pieghe della vita. Vi vedo che mi guardate di nascosto, fingendo di
fotografare il panorama dall’altra parte della baia. Ma state guardando me che
ho il coraggio di mettermi in posa, qui su questo muretto. Dove inizia la mia
vita. Perché questa foto farà il giro del mondo. Mi disprezzate. Non cogliete
la mia bellezza. Non, non parlo di quella interiore. Quella non la conosco. Mi
sfugge. Non riesco a stringerla tra le mani neppure quando al mattino mi sporgo
dalla finestra per riuscire a vedere il mare giù dalla collina, nascosto dal
fitto intreccio di palazzi sporchi, e mentre assaporo la prima sigaretta del
giorno, cerco di non pensare altro che alla mia vita, ai miei sogni, e di
scendere in profondità dentro di me. L’ho letto su una rivista: calatevi nella
caverna della vostra anima, stanate il drago nascosto e ruggite alla vita. Io
ci provo, ma quando mi chino dentro trovo solo dolore, delusione, sporcizia:
insomma, la mia vita. E non riesco più a ritrovare il filo che conduce a me
stessa. Quando l’ebbrezza supera il limite che posso tollerare, e che riesco
ogni giorno a spostare più in là, quando la sigaretta sta finendo, quando sento
il fischio del caffè, quando riesco a ritrarmi da questo guazzabuglio nel quale
ho paura ad avanzare, volgo lo sguardo verso la mia casa e piango. Non tutte le
mattine. Spesso. Perché in questo minuscolo appartamento, scavato nella
presunzione di chiamarlo dimora, messo assieme con pezzi sghembi, diseguali,
assediato da un ordine maniacale per dare dignità alle quattro carabattole che
parlano di me, in questo ciarpame c’è la mia storia. E soprattutto il mio
futuro.
E’ della mia bellezza esteriore che sono orgogliosa. Quello
che mi lancerà verso un futuro dal quale vi sorriderà irridendovi e voi
proverete invidia e vergogna. Guardatemi. Non ho paura a sorridere
all’obiettivo. Tra un istante lo farò. E alzerò lo sguardo che ora tengo
accorto e pensoso. Mi fa paura. Ma posso farcela. Rizzare il capo in un gesto
di sfida al mondo, a San Francisco che sta alle mie spalle al di là del mare, e
sorridere a questa vita che mi si nasconde di continuo. No. Non sono stata
sfortunata. E’ un alibi che lascio alle sciantose che incrocio quando vado al
lavoro. Piagnucolano millantando insuccessi provocati dalle circostanze. Invece
io no, con orgoglio mi vanto di aver sbagliato tutto quello che potevo e che
questa vita insipida, inavvertita, banale, che scivola tra le ombre della
città, è il frutto della mia libertà. E dell’amore. Che non ho mai trovato
inseguendolo sempre nelle persone sbagliate. Al punto che ormai mi chiedo, nei
fugaci momento in cui scroscia dentro di me una consapevolezza morbida e
tiepida, se non sia io quella che ha sbagliato a capire che cosa l’amore sia
realmente. Eppure è così chiaro quando lo vedi in televisione. Entri in uno di
quei bar e ne esci con la felicità. L’ho fatto. Sembrava così semplice. Ho
scelto. Non mi sono mai fatta usare. Tutto ciò che ho trovato è un letto da
rifare. Lenzuola da lavare. Toccava a me. E ogni volta un gusto amaro che
nasceva piano, sommergendo quel senso di carne accesa e compiaciuta, e poi
montava come un’onda gagliarda per non sommergere, ma accarezzare ogni cosa e
avvolgerla e lascarle addosso una patina prima brillante poi via via sempre più
opaca fino a diventare grigia come caligine. Ecco questo è il colore della mia
vita: seppia. Come le foto che scolori artificialmente per fingerle vecchie. Io
sono vecchia. Ma dentro, non fuori, che ancora gli uomini mi inseguono. E i
vostri occhi. Spenti e giudici. Ve la farò vedere. L’ho deciso oggi, quando ho
raccattato questo slavato ometto per convincerlo a venire qui a farmi queste
foto, quelle grazie alle quali la mia vita cambierà. Gli sfuggirò dopo.
Rientrati in città, lo lascerò a bocca asciutta. Dopo che mi avrà restituito la
dignità regalandomi questi scatti.
Le stamperò, con cura. Nel corner del magazzino dove lavoro. Chiederò un
favore. Me lo concederanno. Poi la più bella la metterò in cornice. E
l’appenderò sul muro. E guardandola, ogni sera e ogni mattina, mi renderò conto
di quello che avrei potuto diventare. E troverò quel filo che forse potrà
condurmi via da qui.
Nessun commento:
Posta un commento