Una delle prime
rieducazioni messe in atto da mia moglie nei mie confronti è stata quella
alimentare. Sono figlio di madre marchigiana. Per la verità nata a Milano, ma
con genitori fermani. Che si pretendeva meridionale nella cucina. Mentre in
realtà abusava solo di grassi e unti. La mia prima bistecca alla griglia l’ho
mangiata da fidanzato. Prima solo carne cotta nell’olio con ramo di rosmarino,
che detestavo visceralmente.
Uno dei
cambiamenti più drastici e rapidi apportati alla mia vita dal matrimonio, è
stata la funzione digerente: prima consumavo settimanalmente quantità
semi-industriali di bicarbonato di sodio e soffrivo di cefalee indotte
dall’abuso di burro. Poi, disintossicato dai grassi insaturi, e dai fritti, ho
gettati sul lastrico la Solvay azzerando il consumo di quella schifosissima, ed
efficacissima, polvere digestiva. O più che altro vomitativa.
Ho così scoperto
un mondo nuovo, fatto di insalate, sughi leggeri, condimenti virtuali. Io che
prima venivo ingozzato di cervella fritta, fegato imbevuto d’olio, lingua
salmistrata, ho iniziato a magiare zucchine, pollo allo spiedo, ravioli in
brodo, tagliatelle al ragù. Un ragù onesto, emiliano, asciutto, niente a che
vedere con quello che galleggiava in una poltiglia oleosa più simile alla
disastrosa marea della BP che al sugo di uno chef.
Non che mia madre
mi propinasse schifezze. Anzi. Gustosissime pietanze. Tali da creare strati di
patina sulle coronarie però. E di ridurre all’impotenza l’azione dei succhi
gastrici più volti scesi in sciopero per maltrattamenti.
Perché del
matrimonio tutto va vagliato ed esaminato. Che se mi fossi fossilizzato sulla
famosa “cucina di mia madre” (come faceva da mangiare lei!) probabilmente avrei
qualche chilo in più, qualche anno in meno, e molti litigi sul groppone. Che fa
parte dell’amore capire la delicatezza di ogni piccolo gesto. Anche quello che
trattiene il burro per rendere il filetto più grigliato.
Nessun commento:
Posta un commento