Ho bucato. Nel senso che ho
squarciato una gomma. Una collega mi ha detto: una roba da donne! Non credo fosse
un complimento. Ho accostato per lasciar passare, come si dice, “un veicolo che
procedeva in direzione opposta a forte velocità” e ho preso in pieno lo spigolo
del marciapiede. Seccata la gomma in un battibaleno. Lo racconti e si scatena
una battaglia sulle donne che non sanno parcheggiare. Come diceva Micio (ve lo
ricordate? Lo faceva Bisio a mai dire gol) “dai retta a un cretino” tra le
tante virtù delle signore, quella del parcheggio scivola sotto l’asse dello
zero. E’ roba da uomini. Perché ci vuole arte per parcheggiare, buona visione
degli spazi, geometria con il volante, creatività e coraggio con le distanze, e
mano agile e morbida. Ora non dico che le donne non abbiano tutte queste
qualità. Gli è che non le hanno contemporaneamente specie quando cercano di
parcheggiare. Punto (non inteso come autovettura Fiat si intende). Per noi
l’auto è ben più che un mezzo di trasporto. Come cantava Lauzi (era Lauzi?) “si
parlava di donne e motori, si diceva sin gioie e dolori”. Ecco: non parli mica
di gioie e dolori se il treno è in ritardo. Magari ti incazzi (quanno ce vò ce
cò…) ma non soffri. Eppoi noi italiani siamo tutti ferraristi mancati. Su
questo dovremo riflettere: sulla nostra sportività competitivo-critica. Siamo
tutti ferraristi, siamo tutti commissari tecnici, siamo tutti arbitri… vediamo
che cosa ne viene fuori.
E dopo l’ironia, concediamoci una
riflessione più intima e profonda sul medesimo tema: prendiamo a spunto la
foratura. In una frazione di secondo possono cambiare profondamente le cose:
per una gomma a terra i programmi di una giornata, ma per ben altro… Non solo: tardare di un secondo o
arrivare un secondo prima a quel bivio avrebbe ugualmente cambiato le cose.
L’effetto sliding doors.
Sì, ma capire che la vita può
rovesciarsi in un istante per una differenza di un secondo, fa tutta la
differenza del mondo: mi aiuta a capire come la vita sia davvero appesa al filo
di una volontà che non è mia, che non posso determinare. E questa
consapevolezza può condurre a due estremi: da un lato la disperazione più cupa,
dall’altro l’orgoglio più arrogante. Preferisco la virtù, che anche in questo
caso sta nel mezzo: la speranza.
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