Due sono i momenti in cui riesco
a dare vigore alla mia autostima nella relazione con mia moglie: il risveglio
mattutino e i thriller. Non perché entrambi siano accomunati da un mistero o
dalla paura. E se dovessi trovare un collegamento tra di loro propenderei per
una certa accondiscendente rilassatezza, quasi una concessione affettuosa per
lasciare spazio. Insomma, bisogna saper vincere e questo comporta che ci siano
ambiti nei quali mostrare una affascinante debolezza, magari fingerla, per
ristabilire una equità che rinvigorisce le relazioni.
Così, grazie ai miei bioritmi,
dei quali non posso assolutamente vantarmi, mi capita da sempre di essere
mattiniero, al punto che la sveglia è spesso puntata più vicino alle 5.00 che
non alle 6.00 di mattina. E mi piace allora, mentre davanti al caffè penso a
come riuscire a non dilapidare il patrimonio di secondi che la vita mi regala
anche quel giorno, cullarmi nel pensiero che “la posso lasciare dormire
ancora”. Ed è un ancora che mi piacerebbe protrarre ad libitum: e se
maliziosamente, con quell’ilarità che sborda da un lato nella confessione
dall’altro nel timore, lei mi dice che vorrei che dormisse ad oltranza per non
averla tra i piedi, è anche vero che, conoscendo il valore del sonno,
poterglielo regalare è una bella soddisfazione. Magari per poterle portare il
the a letto la domenica mattina. Ma, non illudiamoci, questa non è una poesia
nel linguaggio dei gesti di servizio, semmai può essere una strofetta, un
distico, nell’idioma dei momenti speciali: come dire un trailer di quello che
un vero momento speciale potrebbe essere.
E poi, dal risveglio morbido e
sfuocato, scendiamo nei thriller, che generalmente vediamo già protetti dalle
coperte del talamo. Quindi in uno stato semisoporifero che la tensione del film
cerca di dissipare. Franca riesce anche qui a stupirmi: da un lato riuscendo ad
addormentarsi mentre l’assassino insegue la preda (un po’ come se noi ci
fossimo addormentati al 117 minuti di Germania –Italia semifinale dei mondiali
2006 mentre Del Piero stava andando a battere il calcio d’angolo); dall’altro
perché risvegliandosi d’improvviso, mostra di ricordare alla perfezione tutto
quello che è successo anche mentre sembrava dormisse.
Ma poi, ecco il mio momento:
perché ricordare i fatti non significa necessariamente capirli! Per collegarli
la sovralogica non basta, ci vuole la banale razionalità. E qui c’è i mio
momento di riscatto. Quando posso spiegarle il film. Il che a volte può essere
complicato, dato che la richiesta di decodifica della trama viene formulata
proprio mentre si sta giungendo ad un punto chiave e i protagonisti stanno
appunto commentando e svelando. Ma risolta nella dinamica coniugale
l’inappropriatezza di un commento proprio in quello specifico momento, è
possibile passare alla fase tronfia in cui le dipano la matassa e lei, con
pazienza e affetto me lo lascia fare e finge di avere capito.
E quelli sono proprio momenti
speciali!
Grazie Claudio, a volte è difficile riuscire a capirsi, e capita che la responsabilità pesi più da un lato che dall'altro, anche se non è mai solo da una parte.
RispondiEliminaNon so come interpretare la vicenda del furgone...
Un abbraccio
Mi dispiace, e so che queste sono anche due parole di troppo.
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